Festival Internazionale del Film di Roma: i film? Eccoli!!!

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Festival Roma 2013 - 01 Logodal nostro inviato Alessandro Paesano  twitter@ale_paesano

Delusi dai film di oggi della sezione Alice migriamo alla sezione CineMaxxi dove, tra corti e mediometraggi, vediamo due séance.

Il primo gruppo di film è composto dal cortometraggio in concorso Thing (Belgio, 2013) di Anouk De Clercq. Una voce fuori campo ci parla di una città immaginaria, quella che si trova nella mente di ogni uomo, senza forme, o quella che può apparire allo sguardo diverso di un alieno di un altro pianeta.
Mentre la voce saggia le diverse ipotesi su questa città immaginaria prendono forma sullo schermo, grazie  a una serie di punti luminosi su fondo nero sviluppati al pc, una serie di geometrie tridimensionali che risultano essere i disegni in negativo di progetti architettonici disegnati da un punto di vista prospettico in movimento che ne distorce le forme deformandone la pura essenza puntiforme in una serie di figure. Festival Cinema Roma 2013 -08 Thing

L’opera si ispira a dei progetti architettonici ideali come il Danteum di Giuseppe Terragni, una sorta di traduzione architettonica della Divina Commedia dell’Alighieri che non fu mai costruito e che esiste solamente negli schizzi preparatori del progetto.

Ipnotico, misterioso ed elegante, il corto lascia perplessi solo per l’io narrante al maschile (la voce recitante è di Lyam Byrne) mentre l’autrice del film, nonché architetta, è una donna…  Così come non possiamo non notare alcuni passaggi del testo della voce narrante dove il sostantivo men “uomini” (il testo recitato è in lingua inglese) viene usato per indicare chiunque, dunque anche le donne: un everybody che in inglese non è connotato da un genere sarebbe stato meno sessista e più inclusivo. Una avventura nel mondo anche letterario con involontarie (?) connotazioni sessiste.

Il secondo film della prima séance, fuori concorso, è film d’arte Glaucocamaleo (Italia, 2013) di Luca Trevisani (finalista del PremioItalia Maxxi 2012, premio d’arte non di cinema) nel quale la documentazione video delle sue opere e del loro divenire, si articola in un discorso più ampio sulla realtà dei rapporti interpersonali (il film si apre con due amici cuochi che parlano dei rapporti tra uomo e verità, realtà, intelletto e istinto…) a quelli tra mondo conoscibile e mente umana, dove l’autore dà voce a un sistema di riscrittura del reale, velleitario e privo di qualunque sostegno scientifico, saccheggiando a piene mani dalla fantascienza letteraria internazionale (senza citarne mai gli autori), da Ghiaccio 9 di Kurt Vonnegut a Solaris di Stanisław Lem portato al cinema da Tarkowsky nel 1972 – tacciamo dell’ignobile remake statunitense con George Clooney – impiegate come sostegno filosofico-narrativo del percorso di ricerca artistica di Trevisan i cui risultati visivi sono molto più interessante di quelli letterario-narrativi.

Rimane da chiedersi cosa significhi Glaucomaleo ma, parafrasando i Muppets, la domanda è a chi interessa?Alessandro Paesano 00

La giornata festivaliera ha improvvisamente un senso nella visione della seconda séance al Maxxi che ha presentato i due corti Riverbero e Chi ha lottato con l’angelo resta fosforescente in abbinamento con il documentario della sezione Prospettive Doc Italia Ho fatto una barca di soldi grazie ai quali il festival entra nel vivo della sua programmazione.

Il cortometraggio in concorso Riverbero (Italia, 2013) del collettivo MyBossWas è incentrato sulla camera riverberante dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino,  una camera dalle pareti non perpendicolari tra di loro,  isolata dal resto dell’ambiente anche dalle vibrazioni tramite una serie di molle, all’interno della quale il riverbero acustico (la durata della diffusione di un rumore emesso) è fino a 20 volte più persistente di quello in una stanza con le pareti perpendicolari. Scopo della camera è quello di misurare la fonoassorbenza dei materiali (per esempio le tende o le poltrone cinematografiche) oppure, al contrario, di misurare l’emissione in decibel di alcuni elettrodomestici.

Il corto prima ci mostra con arditi movimenti di macchia alcuni elementi della nostra vita quotidiana ritratti mentre emettono rumore (una lavatrice) o quando non ne emettono alcuno (un lavello dal design Hi-Tech) poi, con la stessa mobilità della videocamera, esplora l’interno di un edificio che scopriremo contenere la camera di riverberanza come ce ne spiegherà costruzione e uso Andrea Pavoni Belli, docente di elettroacustica dell’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris di Torino.  Intanto il collettivo eseguirà una perfomance nella camera di riverberanza: diversi cantanti lirici si esibiranno in un coro mentre alcuni membri del collettivo suoneranno strumenti musicali forgiati all’uopo oppure percuoteranno pavimento e pareti della camera per eseguire una partitura sonora inedita e particolare.

Un racconto per tappe (avvicinamento, studio, uso e spiegazione) che costituisce il primo film di confine, una serie cortometraggi in cui il collettivo MyBossWas intende disegnare l’astrazione di esperienze di vita e di luoghi a cavallo tra l’instabilità della realtà e la necessaria volontà di domarla.

Elegante, intelligente e impeccabilmente girato.

Festival Cinema Roma 2013 -07 Chi ha lottatoÈ poi la volta del cortometraggio fuori concorso  Chi ha lottato con l’angelo resta fosforescente (Italia, 2013) di Riccardo Giacconi. Il titolo  è tratto dal verso di una poesia di Maria Luisa Spaziani dal suo poema-romanzo Giovanna d’Arco del 1990.

Il corto ci ripropone la voce della poetessa che legge i versi di alcune sue poesie spiegandone genesi e occasione. Quando la poeta declama i suoi versi le immagini sono assenti e vediamo uno schermo nero, mentre quando Spaziani racconta la genesi del suo lavoro parlando dell’ispirazione (cui lei si riferisce come un Angelo che la viene a trovare) lo schermo è popolato da immagini ectoplasmatiche di vita organica marina (dalle meduse ai coralli, dalle murene ai pesci tropicali) concludendosi con una fugace apparizione in video della poeta che guarda diritta nell’obbiettivo.

Il corto sa cogliere e restituire l’afflato di una poeta senza mediazione alcuna restituendocelo con la stessa intensità dell’attimo in cui lo ha registrato impiegando com’è giusto che sia le immagini come puro strumento esornativo che tacciono  quando parla la poesia e possono essere solo quando a parlare è la poeta. Elegante,  emozionante, seducente, proprio come i versi di Spaziani.

Infine è stato proiettato (dopo averci fatti uscire e rientrare dalla sala Festival Cinema Roma 2013 -09 Barca di Soldiproiezioni del Maxxi) Ho fatto una barca di soldi (Italia, 2013) di Dario Acocella, dedicato alla vita e all’opera di artista Fausto Delle Chiaie. Chi abita a Roma consoce bene questo uomo alto e magro con una barbetta bianca lunga fatta crescere solo sul mento, avendolo senz’altro visto all’opera nella via adiacente all’Ara Pacis.

La videocamera di Acocella invisibile segue in silenzio una giornata tipo di Delle Chiaie, seguendolo mentre disegna in casa o sul treno (dove mangia alacremente sgombro in scatola) fino all’arrivo nella zona dove espone le sue opere, mentre le voci di chi lo conosce bene, perché ci vive insieme o perché ne ha studiato l’opera (Bonito Oliva che ne parla con il linguaggio di quell’arte ufficiale che ha sempre tenuto l’opera di Delle Chiaie al margine e dalla quale Fausto è sempre rifuggito) per poi lasciare voce a lui stesso che ci racconta  dell’intento di portare l’arte alla gente che passa per la strada, che magari non ha messo né mai metterebbe piede in un museo d’arte contemporanea.
Nelle sue opere Delle Chiaie parte spesso da materiali di recupero trovati in strada come nella migliore tradizione dell’arte povera, che lo sguardo artistico di Delle Chiaie trasforma, grazie anche all’uso ironico della parola (rigorosamente bilingue), oggetti di uso comune spesso gettati perché considerati inutili, in opere d’arte che hanno così una seconda vita grazie al suo sguardo che sa ridisegnare geografie e oggetti: un ombrello dal manico piegato diventa un ombrello pieghevole, una bacinella di plastica trasparente posta sopra uno dei fari di illuminazione del nuovo edificio che ospita l’Ara Pacis diventa un guardone e la guardata è un disegno su carta di Delle Chiaie srotolato dal manico del suo carrello che non abbandona mai, alcuni pezzi di mattonelle sui quali ha disegnato dei volti, immersi in un contenitore con dell’acqua diventano altrettanti Narcisi. Delle Chiaie interviene, commenta, parla con la gente che passa facendola riflettere (almeno ci provo, aggiungo con modestia).

L’occhio di Acocella sa farsi invisibile senza per quanto scomparire diventando un testimone muto capace di compiere un tributo intelligente e attento ai dettagli col quale rappresenta e restituisce uno degli artisti più interessanti e unici del panorama romano e non solo che vive autonomamente nella sua casa ad Asgurgola coi soldi che riesce a fare con le sue opere (il titolo del documentario si riferisce a una di esse).

A ogni proiezione hanno partecipato gli autori e le autrici dei vari film in programma (compresi Maria Luisa Spaziani e Fausto Delle Chiaie) ai quali e alle quali il pubblico ha potuto rivolgere qualche domanda (oltre a quelle fatte direttamente dai curatori  e curatrici delle varie sezioni) una tradizione inaugurata l’anno scorso che chi cura la sezione CineMaxxi ha deciso di continuare anche quest’anno.

Nonostante l’ora di ritardo accumulata si esce dalla sala appagati e appagate.

Si è concluso così il resoconto dei film visti dal vostro gaio inviato nel secondo giorno dell’VIII edizione del Festival del Film Internazionale di Roma.

Domani (ormai oggi per voi che leggerete) si ricomincia!

 

 

 

 

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