Un film su Mario Mieli, intervista esclusiva al regista Mariano Lamberti

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Mariano Lamberti 00di Maximiliano Calvo

Mariano Lamberti, regista campano classe 1967, diplomato nel 1992 presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e nel 1996 presso la New York Film Academy conosciuto per il suo film Good As You – Tutti i colori dell’amore del 2012, , documentarista (suo e di Roberta Calandra il bel documentario “Una storia d’amore in quattro capitoli e mezzo” sulla vita dello scrittore ebreo Brett Shapiro) sta per cimentarsi con il film della vita e si prepara a mettersi in gioco con un nuovo lavoro su uno dei personaggi più scomodi della moderna cultura queer, Mario Mieli.

Il film che porta il – secondo il mio modesto avviso – non felicissimo titolo di “Bandiera Rosa”, parlerà di Mario Mieli ventenne, giovanissimo, ma già radicalissimo interprete di quelle istanze che lo portarono agli importantissimi scritti, alle opere, agli eccessi (eccessi?) che tutti conosciamo prima della tragica fine.

Abbiamo parlato del film con il regista, in questa bella intervista esclusiva che ci conferma che fortunatamente in Italia esistono ancora registi ed attori che scelgono e lottano, quando decidono di affrontare nei loro lavori storie scomode e che i produttori italiani potrebbero decidere di non finanziare.

L’intervista:

Come mai sceglie di parlare di un personaggio, anche intellettualmente, così estremo…
Ho scoperto Mieli per caso e sono rimasto subito affascinato dal suo riuscire ad essere estremo ma allo stesso tempo lucido e programmatico. Mi affascinava l’idea di un personaggio che, pur partendo da una condizione “svantaggiata”, (come quella appunto dell’omosessuale effeminato 40 anni fa), riesce a ribaltarla facendola diventare qualcosa di eroico ed emblematico. La “checca” derisa dalla società diventa “sovversiva”, vero e proprio avamposto della rivoluzione, trasformando il proprio corpo in campo di battaglia contro ogni forma di sopruso e discriminazione verso i “reietti” e gli schiavi del Sistema capitalistico, in primis omosessuali, donne e operai.

Mario Mieli o della critica omosessuale tout-court, come critica ad una società impossibile…
Matto, genio, provocatore, Mieli era capace di riunire in sé con sconcertante naturalezza elementi apparentemente contrastanti: la disarmante intelligenza e la provocazione estrema, l’acuta visione politica e la sfrenata utopia, il raffinato intellettuale e l’oltraggioso clown. Le sue teorizzazioni sulla liberazione dell’uomo, (in un mix esplosivo di analisi marxiste e riletture gay della psicanalisi, chiamato gaio comunismo), diventavano infatti micidiali exploit contro ogni “verità“ socialmente imposta, come i ruoli sessuali, la famiglia e la sacralità del lavoro.

Cosa pensa di analizzare particolarmente della vita di Mario Mieli?Mariano Lamberti 01
Nel film si racconta un Mieli molto giovane, quando nel ’71, poco più che ventenne, si trasferì a Londra per aderire al Liberation Gay Front. Si raccontano gli anni della formazione, i prodromi del suo pensiero mentre scriveva la sua tesi di laurea intitolata “Elementi di critica omosessuale“, lavoro che ebbe un notevole successo critico e che venne successivamente pubblicato da Einaudi e tradotto in varie lingue, diventando uno dei testi di riferimento in alcune Università anglosassoni.  “Bandiera rosa” non è però una biopic nel senso stretto del termine. La vicenda di Mieli infatti è raccontata attraverso gli occhi di Giovanni, un giovane ventenne proveniente da un piccolo paesino del Sud e approdato a Londra per “fare la rivoluzione”. Mario non potrebbe essere più lontano, agli occhi di Giovanni, da un leader rivoluzionario. Eppure la sua straordinaria capacità di sovvertire ogni regola, il suo spendersi in maniera assoluta, sia che si tratti di arringare un gruppo di operai ubriachi o di amare qualcuno fino all’autodistruzione, sono qualcosa che il ragazzo non ha mai conosciuto e che finiranno per affascinarlo fino a farlo innamorare.

Quali difficoltà sta incontrando – se sta incontrandole – nella realizzazione della pellicola?
Prevedibilmente, un film come “Bandiera rosa” ha incontrato molti ostacoli, e non solo per le caratteristiche eversive del suo protagonista. Il punto è che questo film non rientra nelle rigide categorie del nostro asfittico panorama italiano. Non è una commedia (pur avendo numerosi spunti divertenti), non è un film di denuncia sociale, (pur essendolo profondamente nei contenuti). In più si parla di omosessualità in maniera non compiacente. Oggi l’omosessualità al cinema non è più un tabù, ma se ne deve parlare in un certo modo, con storie edificanti, meglio ancora se tragiche.  Se esci dai binari della rappresentazione consolatoria (quasi sempre asessuata) del gay buono e responsabile (come se i difetti e le nevrosi non fossero parte del mondo LGBT) vieni visto come un provocatore o, peggio, come un superficiale. Sei osteggiato dalla critica e anche da parte della comunità gay (l’esperienza del mio film precedente “Good as you”  in questo senso è stata emblematica). In ogni caso, in “Bandiera rosa” non si parla solo di omosessualità ma di politica intesa come critica  sociale dell’esistente. Viene presa di mira la società dei consumi attraverso l’originalissimo e sferzante punto di vista di Mieli.  Mi aspetto comunque, anche questa volta, numerose critiche.
 
Cosa la affascina di Mario Mieli?
Mi affascina soprattutto l’idea che fosse un anticipatore dei tempi (all’estero Mieli è ampiamente riconosciuto come un anticipatore dei gender studies) e nello stesso tempo avesse un pensiero cosi antico e radicale, come testimoniato negli ultimi anni di vita in cui si avvicinò all’ecologia e al panteismo come soluzione per la salvezza del pianeta. Era un personaggio davvero libero, non accodato a nessun sistema di pensiero /potere dettato dall’ establishment. Era un intellettuale di sinistra che, caso più unico che raro, criticava aspramente la sinistra di allora per il machismo e l’omofobia trasversale che vi regnavano. In questo senso era una figura che si può accostare al Pasolini giornalista, capace di essere all’interno di un pensiero radicale quasi marxista, criticandone però duramente il compromesso nel suo tradursi in politica reale. E se pensiamo in cosa si è trasformato oggi il pensiero di sinistra, possiamo dire che figure come Mieli o Pasolini furono addirittura profetiche.

Anteprima sugli attori?
Ho già alcuni nomi di rilievo che hanno aderito o che stanno leggendo il copione. Ci sarà anche una sorpresa con un nome importante inglese. Il ruolo di Mieli è però ancora vacante. Cerco un attore speciale, non necessariamente italiano, che sappia tradurre quel carisma travolgente, quella libertà interiore e quella eroica tragicità che contraddistinguevano la figura di Mario Mieli.

Quando uscirà il film?
Auspicabilmente dovrei iniziare le riprese l’anno prossimo, quindi l’uscita nelle sale dovrebbe avvenire alla fine dell’anno.

 

 

 

 

 

 

(17 giugno 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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