Festa del Cinema di Roma, finalmente [sic] l’ennesimo film sull’omosessuale anaffettivo

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festa-del-cinema-di-roma-2016-12-moonlightdi Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

 

 

 

 

 

 

 

Si possono dire molte cose di Moonlight (Usa, 2016) di Barry Jankins, che è ben girato, ben interpretato, dal cast indovinato, sia nei tre attori che interpretano il protagonista Chiron da bambino, adolescente e da adulto, sia nelle due attrici che mantengono il ruolo anche col passare degli anni e vengono opportunamente “invecchiate”. Splendida la fotografia (con la simmetria del nero dal quale affiorano barlumi di luce fuori fuoco prima di colore ogni volta diverso prima di restituire  una immagine di senso compiuto, per ognuna delle tre sezioni in cui il film, il racconto, è diviso.

Esemplare la risposta dello spacciatore amico di Chiron da bambino, il quale quando Chiron gli chiede cosa vuol dire frocio gli dice è una parola con la quale le persone vogliono far sentire miserabili i gay. Splendide le location, i costumi, le scene.

Se però  raschiamo sotto la superficie di tanta eccellenza e guardiamo alla storia  Moonlight risulta essere l’ennesimo film che vuole i personaggi omosessuali isolati, solitari, senza amici, abbandonati a un destino di anaffettività.

Chiron nel capire che è gay ha bisogno dell’amico Kevin che lo bacia e lo masturba sulla spiaggia. Nei dieci anni in cui i due non si vedono Chiron non sarà toccato da nessun altro uomo come confessa a Kevin dopo esserlo andato a trovare in seguito a una sua inaspettata telefonata. Un immaginario virginale del sesso, molto anni 50, più che adolescenziale, che non ha riscontro nella società contemporanea, nella quale  il film è ambientato, nella quale il sesso è consumato, virtualmente e non, da bambini e bambine al di sotto dell’età del consenso.
Non è solo Chiron a essere così messo male in arnese a proposito della propria affettività e sessualità. Anche Kevin non ha avuto altri fidanzati si è invece sposato con una compagna di classe  dopo averla messa incinta.
Per Berry Jankins che ha riscritto la sceneggiatura di un lavoro precedente di Tarell Alvin McCraney i ragazzi omosessuali di oggi sono ignari, sensibili e anche un poco sprovveduti come quelli descritti nei film degli anni 70 del secolo scorso. Jankins ignora che le persone omosessuali da circa 30 anni hanno reti di assistenza, e con internet le cose sono ancora molto più facili, dove incontrarsi o confrontarsi e che nessuno è così più solo come una volta. Ignora anche che la società sta riconoscendo spazi sociali anche alle persone omosessuali, la cui visibilità è molto più diffusa di una volta, e che metter su familgia non è più solamente una opzione etero.  Oggi negli Stati Uniti ci si sposa anche tra maschi ma questo il film sembra ignorarlo  per una pretesa universalità umana che vede l’omosessualità come un’eccezione, un percorso minore, accidentato, da difendere e guardare con la tolleranza di chi continua a giudicarla figlia di un dio minore. Un racconto omofobo dunque nonostante il presunto lieto fine (nel quale Kevin e Chiron adulti nemmeno si baciano ma si abbracciano).
Moonlight ha l’enorme responsabilità di censurare 40 anni di lotte e di progressi nella percezione di sé e dei propri diritti umani fatti dalla comunità di persone omosessuali negli States anche se neri e spacciatori.

Un altro film conformista che sembra uscito direttamente dagli anni 50. Un’etica comune a molti altri film di questa undicesima edizione della festa del cinema, non poi così festosa.

 

 

 

 

(16 ottobre 2016)

 

 

 

 

 

 

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