L’Arte vista da Emilio Campanella: Biennale ed Altro…

Altra Cultura

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di Emilio Campanella

 

 

 

 

L’Istituzione Fondazione Bevilacqua La Masa è una realtà veneziana di antica tradizione che, oltre a sostenere ancora oggi, i giovani artisti, ha dato origine, in un certo modo, al nucleo originario della collezione della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, ed ha avuto un ruolo fondamentale durante le prime Biennali. I suoi spazi sono a Palazzo Tito, sul rio di S. Barnaba, storico atelier del pittore Ettore Tito, più recentemente quelli restaurati all’ex convento di S.Cosma e Damiano alla Giudecca, proprio per gli artisti emergenti cui dedica una manifestazione annuale nella sede di Piazza S.Marco.

Si tratta di una bella galleria su due piani che in questo momento ospita, fino al 23 luglio, un’ampia mostra di Enzo Fiore: Nella fine il principio: il tempo della natura. La manifestazione anche sotto l’egida del Comune di Venezia, è la prima collaborazione dell’Istituzione con una realtà privata, in questo caso, l’importante Galleria Contini. La mostra si divide un due parti ben distinte: le sculture al piano terra, i quadri al primo. Allievo di Luciano Fabro crea le sue forme con materiali naturali organici. Premetto che la definizione data sopra, per considerare la divisione del genere di opere, può essere considerata di massima, siccome i lavori di Fiore sono sempre assemblaggi di materiali che si trasformano in qualcosa di molto differente: animali costruiti con resine, terra, foglie ed altro,  ma anche diorami come: Genesi, studio per Diluvio Universale del 2012. Tutto è improntato ad una forte drammaticità ed ad una coscienza ecologica che però stride con l’ecatombe di insetti usati per le composizioni. Il lavoro è forte, coinvolgente, ma quando non verranno più sacrificati animali, potrà essere veramente efficace nell’intento che lo spinge. Confesso di amare un po’ meno le opere che riproducono foto, ritratti, quadri famosi, pur riconoscendo l’indubbia maestria.

Poco lontano, al Museo Correr, altro museo cittadino nato dalla donazione di un’importante collezione privata, un evento collaterale della Biennale, esposto al secondo piano, nella sala delle Quattro Porte: Shirin Neshat, The home of my eyes. Ventisei ritratti fotografici , dei cinquantacinque che costituiscono l’integralità dell’opera della quale, però, in questo modo, non si può dare un giudizio che parziale.  La creazione è del 2014-2015. Insieme viene presentato il video Roja del 2016. Conoscendo l’importanza e la profonda sensibilità, il notevole impegno dell’artista, spiace molto che non ci sia stata la possibilità di esporre l’installazione/galleria di ritratti, nella sua integralità. Si potrà visitare fino al 26 novembre.  Sempre al secondo piano, ma nell’altra direzione e fino al 10 settembre, Roger de Montebello: Ritratti di Venezia ed altri ritratti.  Un’ottantina: di piccolo formato, alcuni studi di architettura evocata ed un po’ surreale, oltre tante piccole tauromachie un po’ goyesche.

A Palazzo Fortuny, invece, la sesta puntata della mostra trasversale, come sempre stimolantissima, in collaborazione con la Axel & May Veervodt Foundation. Quest’anno, il titolo scommessa è: Intuition e l’esposizione occupa, come sempre, i quattro piani del palazzo con l’abituale, emozionante effetto sorpresa, provocazione, emozione, passando disinvoltamente da un’epoca all’altra… Che dire? Imperdibile! Data di chiusura: 27 novembre.

Chiuderà, invece, il giorno precedente, l’annuale rassegna sul vetro contemporaneo proposta dalla Fondazione Berengo, come sempre, a Palazzo Cavalli Franchetti. Stimolante anche questa volta, e forse, in un certo modo, un poco più giocosa, si estende su due piani. Al terzo piano dello stesso palazzo, il bel padiglione dell’Iraq della Biennale, un’importante partecipazione nazionale che presenta nei suggestivi spazi della biblioteca, dieci artisti di rilievo. In apertura una bella vetrina di reperti di scavo che si ricollegano all’interessantissima mostra: Prima dell’alfabeto, da poco chiusa ed ospitata nell’altro edificio dell’ Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Palazzo Loredan, poco lontano, in Campo S.Stefano.

Uscendo dal giardino, ci si trova in Campiello S.Vidal, e si può entrare a visitare Objection, che si definisce: The Pavillon of Humanity. Non ha nulla a che fare con la Biennale, ma merita uno sguardo attento per ambientazione ed installazioni di tutto rispetto. Continuando si arriva a Palazzo  Malipiero dove all’ultimo piano, dopo ripidissime scale, si arriva al padiglione dell’Estonia che propone il lavoro di Katja Novitskova, che si muove fra mostri e drammi ecologici con molta forza. Al piano terra dello stesso edificio, il Montenegro che presenta due artisti di grande interesse: Ivana Radovanovic, e Adin Rastoner, con i suoi pupazzi dagli sguardi interrogativi. In Campo S. Samuele, nella chiesa omonima: Evan Penny: Ask Your Body, sculture e disegni di questo interessantissimo artista sudafricano trasferitosi in Canada. La mostra è allestita con grandissima cura illuminotecnica e con effetti scenografici di notevole effetto. Un lavoro sui corpi, sui volti, lo scavo della sofferenza interiore e sulla carne, come lo sconvolgente Marsyas del 2017 o Homage to Holbein del 2016. Si può visitare fino a novembre… Nnon c’è indicazione di data.

In un’altra chiesa, un poco più lontana, alla Pietà, Safet Zec, un artista bosniaco molto noto in città, che ha il suo atelier a Castello ed al quale fu dedicata una bella mostra, alcuni anni or sono, al Museo Correr (era il 2012). Propone Exodus, Ciclo pittorico per la Pietà. Il tema è evidentemente quello dei profughi. Sono grandi teleri nella chiesa ed molti studi in un corridoio adiacente. Grandi gruppi, figure solitarie, temi sacri e sacralizzazione di episodi che ancora abbiamo negli occhi, dalle pagine dei giornali. Particolari di braccia, di corpi, mani, studi di crocefissioni, tutto molto forte, da un pittore dalla mano felice, sempre intenso  e consapevole della sofferenza che conosce bene. Ho affiancato due artisti molto diversi, ma di cui mi ha colpito come una certa sintonia, oltre la vicinanza logistica. Zec sarà alla Pietà fino al 30 novembre. Mi fermo ed al prossimo articolo, riprenderò il percorso da questo punto della città.

 

 

 

(31 maggio 2017)

 





 

 

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