di Bo Summer’s twitter@fabiogalli61
Io, in realtà, non ho molto all’attivo. Pochissime cose, scritte e pubblicate, ai tempi prese in considerazione, che stanno in un dimenticatoio da purgatorio dantesco, nel secolo scorso. Son vecchie pagine che cerco di rianimare con la respirazione bocca-a-bocca [salvataggio complesso e davvero faticoso, di poca utilità, ritengo, per me e per chi, inconsapevole o volontariamente, le leggesse] e alle quali vado rocambolescamente ad aggiungere l’odierna e folle curatela dello sdoppiamento di un autore già di suo complesso e immaginifico. Bo Summer. Complessa la sua scrittura. Come complessi sono i temi. Temi complessi, ripeto, che riguardano la comunità queer – che hanno ricevuto un’ancor minore attenzione dei miei testi dell’epoca d’oro, quando timidamente pensavo che avrei potuto vivere scrivendo – pur essendo temi, questi ultimi, al centro del mio contemporaneo dibattito. E così ve lo ricordo io che noi ci siamo effettivamente dentro a questo Impero dei Sensi. Sprofondati in questa inutilità dello scrivere per scrivere. Seduti piatti col culo. A terra. Ora io ve lo dico, come fosse l’ultima cosa che scrivo.
Dove, davvero, conduce lo scrivere? verso la degenerazione stessa della sua storia? che, dalla voragine del nazifascismo, si è poi tramutata nel conformismo della società di massa? in questo nostro contemporaneo di social dove, chi ci segue, forse, è lo stesso nemico di una volta?
Ma veniamo subito alla questione, forse la più spinosa, all’argomento che è molto problematico per quella comunità che si va a descrivere in romanzi e racconti di Bo Summer, in quanto riflette la confusione all’interno della stessa riguardo a ciò che è lecito/illecito, ciò che è considerato psichiatricamente e psicologicamente sano o malato. All’interno della stessa gaia [e gioiosa e gaudente] comunità albergano le avversioni per le sessualità non codificate, per il diverso dall’uguale, l’eccezione che non è mai la regola. Appunto.
L’unico modo per “comprendere” [nel duplice senso che gli è proprio di capire e di includere] il dramma dello scrivente – ovvero il fallimento dell’Utopia della libera sessualità, il nostro stesso fallimento – è quello di osservarlo a una certa distanza, da un’ottica non soggettiva e allo stesso tempo universale, che possa abbracciare l’umano dibattersi [“le voci e i rumori della vita quotidiana”] attraverso un malinconico e disilluso sguardo cosmico. Estraniato.
Forza! Uscite! Non ripiegatevi sul vostro stesso ombelico. Abbiate la forza di un nuovo “fiat”.
È il racconto dell’arrivo di due viaggiatori, io e Bo, che avviene quasi come in un’atmosfera di totale desolazione, in cui, tra l’altro, essi perdono i bagagli del loro stesso sapere e vengono derubati dei vestiti del loro essere e violentati nel loro libero pensare, finché, dopo aver attraversato paesaggi sempre più inquietanti e desertici, da “fine del mondo”, a uno dei due, durante il suo ultimo sonno, viene sottratto il prezioso pacco che egli aveva sempre portato stretto al petto. Cosa contiene è chiaro a tutti, seppur non enunciato. Il furto non è che il preludio al fallimento dell’ultima Utopia. Della Città Di Sogno. Giunti, ormai in mutande, senza senno e sanguinanti nell’immaginaria località, i due scoprono che non c’è più niente, o meglio tutto è come già morto, finito, in quanto il loro viaggio è durato troppo a lungo, tanto da essere arrivati “irrimediabilmente tardi”. Il vecchio autore e il nuovo autore hanno viaggiato inutilmente. Nell’inutilità dell’ascolto distratto. Cioè hanno scritto per due secoli. Ma tutto era già stato fatto. Senza di loro.
Questa è la considerazione della propria scrittura. Una lettura, un documento prezioso. È questo mio un discorso davvero devastato, un resoconto retorico, decadente e estetizzante, merce del peggior neo-classicismo e del più bieco romanticismo: come qualcosa che si deve stoicamente sopportare. E supportare.
Un vero e proprio passaggio da un autore all’altro, come a relegarli in una strana condizione assimilabile a quella di un transgender o di un intersex, poiché la psicologia di un sesso non diventa mai, appieno, la psicologia dell’altro sesso e questo mette in discussione la nozione stessa di genere come costruzione sociale [cos’è che, al di là della combinazione cromosomica casuale, definisce l’essere uomo o l’essere donna?] e l’importanza della virilità e della femminilità poste in relazione con una sessualità eterosessuale od omosessuale. Così, questi due autori non si somigliano del tutto.
Un altro elemento molto importante della ricezione di questo autore, Bo Summer, all’interno della cultura queer è senz’altro #ElHorno, Se è vero che il romanzo è una grande allegoria socio-politico-sessuale, allo stesso modo è innegabile che per il tipo di immagini rappresentate, anche per il messaggio stesso del romazo, sia presente una fortissima componente sessuale e anche erotica, che inevitabilmente non è stata recepita da gran parte della comunità queer. #ElHorno è, a tutt’oggi, una delle opere d’arte più esplicite nel mettere in campo le più disparate pratiche sessuali, le differenze, anche al limite della legalità e soprattutto è unico nel sottolineare il legame strettissimo tra corpo, sessualità e potere interno di una comunità, un tema che dovrebbe assumere una sempre maggior rilevanza all’interno del dibattito queer, anche perché si è cominciato, soprattutto negli ultimi anni, quando le comunità si sono ormai stabilizzate e uscite allo scoperto, a riflettere sui meccanismi di potere, controllo ed emarginazione che sono presenti nella stessa comunità queer, rompendo così l’illusione di una comunità di pari, dove tutti sono liberi e rispettati alla stessa maniera. Questa infatti non è altro che una falsa rappresentazione, poiché, per assurdo che possa sembrare in una comunità di non volontariamnte emarginati, le dinamiche di potere riproducono in scala le stesse gerarchie della società emarginante: maschilismo, patriarcalismo, emarginazione del diverso.
Già Pasolini aprì spazi di autenticità che nel corso del tempo si sforzò di mantenere o considerare aperti: dal villaggio friulano alle borgate romane, dal mondo medioevale ai territori incontaminati dell’Africa e dell’India, rivelano la propria illusorietà sotto la spinta di una irresistibile omologazione.
#ElHorno è importante anche per un altro motivo, perché è una rappresentazione visuale molto efficace di un tipo di immaginario erotico abbastanza comune all’interno della comunità queer, ma a tutt’oggi stigmatizzato e sul quale il dibattito è ancora fortemente concitato [all’estero, perché in Italia se ne parla ancora meno, come per tutte le cose riguardanti o percepite come riguardanti esclusivamente il sesso].
Tuoni e anche qualche fulmine.
L’aria sposta le nubi compatte con lentezza.
La pioggia sembra attenuarsi, ma poi subito riprende, ancora più forte.
Mi pare di dover aspettare in eterno.
Osservo i campi appena fuori: una terra viva circonda questo cimitero, viva e verdissima.
È singolare come questo pensiero, nella normalità delle cose, sfugga: attorno alla morte regna la vita.
La morte è il cuore della vita, il suo nucleo.
Essa alberga al suo interno e scopro che la sensazione di pace, che spesso si associa al concetto di ‘non esistenza’ fisica, non è poi tanto distante da noi, ma è addirittura ‘dentro’ di noi.
Troppo sesso narrato per accorgersi che, al”interno della narrazione, si finisce per giustificare in nome di un ideale estetico, quella stessa esclusione dei ceti subalterni dallo sviluppo storico, che ha costituito, da sempre, il punto di forza delle classi al potere, approdo al vagheggiamento di una società pre-sesso, un azzeramento della Chiesa restituita al suo ruolo tradizionale che non sia di guida politico-culturale del popolo e magari, con la chiusura dell’istruzione e l’abolizione della televisione, si facilitasse il ritorno a una perduta semplicità di vita.
Un coinvolgimento in un preciso luogo fisico, tutto il dolore del mondo, quanto un progetto incompiuto, stravolto già dal linguaggio, una sessualità quasi post-atomica, contagiata e contagiante.
Su questi binari si muove molto dell’immaginario erotico e non è incomprensibile perché per la comunità queer questo sia un argomento spinoso: nella mentalità di molti, soprattutto in Italia, gli omosessuali sono ancora considerati dei ‘deviati’ o dei ‘malati’, è dunque logico che una comunità abituata a difendersi continuamente cerchi di allontanare il più nettamente la possibile confusione con una malattia come l’AIDS [così tanto legata al sesso precario e occasionale, una malattia che ha così presa nella coscienza collettiva della comunità queer].
Spesso cerco e guardo, sperimento cose per cercare di trovare qualcosa che probabilmente non ho ancora capito… e, mi rendo conto che, per quanto lo si possa studiare o meglio “analizzare”, non sarà mai abbastanza come del resto testimoniano ancora alcuni articoli… non quelle robe sui gusti sessuali, in quanto a me non m’importano per nulla, anzi… chi si ferma solo a simili idiozie, vuole dire che non è in grado di apprezzare tutto il valore culturale fatto anche da Foucault ne la “Storia della sessualità”.
Ricordate la storia di quell’uomo senza dignità che, oramai è costretto a rubare ogni palmo d’amore nella sessualità più sfrenata e fremente? lo sfruttatore di affetti che per farsi mantenere in vita la divora agli altri, anche se per pochissimo?
Una storia che dipinge uno spaccato di vita attraverso le vicissitudini di un uomo vile.
La periferia di una città compressa nel suo proprio sviluppo, i “nuovi quartieri” coi locali gay che spazzano via quei microcosmi di abitazioni posticce… una città che non conosce ancora un termine alla sua espansione urbana; poi lo struggente e tragico finale che lui, Skeeen, in un certo senso, aveva quasi previsto… il tutto accompagnato da una musica sacra, disco a palla, a cui fa da contraltare l’ambiente grezzo dei locali… insomma, lavoro che non a caso è stato ignorato da ogni casa editrice.
Spero, con tutta la mia passione, non solo che il libro piaccia, quando uscirà, ma che mi si aiuti e mi s’incoraggi ad affrontare una simile impresa di discussione sulla sessualià con affetto, specialmente all’interno della comunità stessa.
Litorale, è l’alba, spiaggia deserta, prime luci del mattino, giace un corpo, senza vita, corpo devastato e sfigurato. Ho pianto, lo giuro, durante il tg. Si tratta dell’ultima sceneggiatura.
Senza scendere in un’analisi dettagliata che occuperebbe troppo spazio in questa sede, va anche ricordato che #ElHorno rappresenta molti elementi, segnali, al di là dell’elemento psicologico, come la presenza di legacci in pelle e museruole, l’umiliazione dei presenti costretti a rimanere nudi, il gioco di ruolo, l’inversione di genere fino a spingersi nel campo delle parafilie vere e proprie [la necrofilia, ancorché soltanto immaginata, la coprofagia, l’urofilia].
Ascolto il silenzio totale, fitto.
Porno per piretro è come dire una miccia odiosa e orgiastica. Un tremendo accumulo di organi sessuali.
Tutto questo conduce dritto dritto a #ElHorno, senza ritorno. Chi con affetto mi segue, lo sa. Conosce lo scandalo e la fuga, tratta il personaggio di Skeeen, la rappresentazione estrama di una sessualià, con una delicatezza incomparabile, talvolta trasformandolo in un personaggio persino troppo delicato, molto immaturo e quasi abulico di sesso, mentre dal testo risulta un personaggio molto più forte, dipingendone l’ambiguità nella sessualità [pur se le modalità con cui il protagonista si difende dalle accuse rivoltegli sembrano un po’ troppo spesso didascaliche e rendono il dialogo inverosimile].
Nota:
Utilizzo il termine ‘queer’ per semplice comodità, per definire l’insieme di individui che si riconoscono e si autodefiniscono all’interno della comunità non-eterosessuale. Sono d’ altro canto consapevole che questa terminologia in Italia è ancora dibattuta; il suo utilizzo in questa sede non ha uno scopo politico, ma solo di sintesi, non dover ripetere ogni volta né sigle ancor più controverse, come LGBT, LGBT+ ecc. né limitarsi alla categoria ‘cultura omosessuale’, che, secondo me, è fortemente restrittiva.
Per questo contributo mi sono concentrato soltanto su un aspetto dell’eredità queer sapendo benissimo che è molto più vasta e complessa; di conseguenza la prospettiva qua adottata è necessariamente parziale. Tuttavia ritengo innegabile che la tematica della sessualità queer e in un certo senso la prospettiva e l’esperienza queer (pur arrivando fino agli estremismi) abbia grandissima rilevanza e anzi ne costituisca un elemento importante. Vorrei che se ne aprisse un dibattito sincero senza esclusioni e falsi perbenismi.
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