Festival del Film di Roma: tre film italiani

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Roma Film Festival 2014 - 00di Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

Negli ultimi due giorni di Festival, mentre già si sanno i premi di questa IX edizione, sono stati proiettati tre film italiani diversissimi per risultati ottenuti e caratura delle storie raccontate ma che dimostrano che il cinema italiano per fortuna non è solo quell’ asfittico vuoto pneumatico di provenienza televisiva come Soap Opera che pure qualche premio collaterale lo ha ricevuto.

R4 (359090)Index Zero (Italia, 2014) di Lorenzo Sportiello paga la spocchia di essere girato in inglese (per il mercato internazionale) purtroppo con una scemeggiatura (di Lorenzo Sportiello, Claudio Corbucci, Francesco Cioce) inesistente.
Dopo averci intrattenuto per la prima mezz’ora in una lunghissima ripetitiva fuga nei cunicoli per entrare negli Sati Uniti d’Europa la seconda parte del film ci mostra un campo di prima accoglienza del futuro dove la sostenibilità è il criterio per fare aprire le frontiere. Giunti al campo profughi ai due protagonisti non succede niente, così come niente ci viene detto dei criteri della sostenibilità e tutto è sviluppato dal versante privato della storia d’amore dei due protagonisti la cui femmina è incinta. In Italia si muore cattolici anche nel futuro…

Fino a qui tutto bene_03Fino a qui tutto bene (Italia, 2014) di Roan Johnson è un film corale non banale, sincero e intellettualmente onesto che dimostra come il cinema italiano sappia ancora raccontare una storia cogliendo lacerti di società.
Un gruppo di attori e attrici di belle speranze finiti gli studi dopo una vita comune in un appartamento a Pisa si ritrovano giocoforza a fare un bilancio delle loro vite. C’è chi ha ottenuto una cattedra da associato in vulcanologia in Islanda, chi ritorna a lavorare col padre, chi è incinta, chi non c’è più perché si è suicidato…
Il film non offre soluzioni (la scena finale vede il gruppo in una barca minuscola in mezzo al mare…) senza abbandonarsi nemmeno al pessimismo della crisi. Ben diretto  e ben recitato da un gruppo di attori e attrici affiatato avrebbe dovuto aprire il festival al posto di Soap Opera. Vincitore del Premio Akai International Film Fest e del The SIGNIS Award – Ente dello Spettacolo (cinquemila euro di premio) ex-aequo con Wir sind jung.

 

Lla foresta di ghiaccio Ksenia2a foresta di Giaccio (Italia, 2014) di Claudio Noce è un film di genere riuscitissimo con uno stile personalissimo che sa coniugare racconto cinematografico con le istanze sociali (immigrazioni clandestine, sfruttamento delle persone migranti) con un racconto noto (la vendetta personale contro gli sfruttatori) in maniera non banale, né superficiale con una particolare attenzione per gli ambienti, la regia e la recitazione.
Racconto ellittico (nel quale però alla fine tutto torna) una bellissima scena di sesso, perfetta perché giustificata nell’economia della storia, dove si vede quel che si deve vedere e non i seni dell’attrice di turno (esiste evidentemente qualche regista che è davvero tale e non un voyeur delle tette) con un Kusturica in un ruolo antipatico che gli si addice molto, una splendida e bravissima Ksenia Rappoport e un monoespresivo (e non siamo sicuri dipenda dalla parte) ma molto bello anche lui Domenico Diele, mentre Giannini Jr.  è così bravo da non essere riconoscibile come attore essendo tutto personaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(26 ottobre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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