Dal 27 al 29 agosto al Gay Village di Roma torna il Gender DocuFilm Fest

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Gender DocuFilm Fest 2015 - 00 When I get homedi Alessandro Paesano

 

 

 

Al Gay Village è di nuovo tempo del Gender DocuFilm Fest, la creatura di Giona A. Nazzaro e, nelle prime edizioni, di Filippo Ulivieri che lo affiancava nella scelta dei film.

Il Festival (anche se il titolo parla di Fest),  era incentrato sull’identità di genere mentre oggi sembra scivolare, a giudicare dai titoli in programmazione in questa sesta edizione, nella mera tematica omosessuale: dei sei documentari solamente uno verte sull’identità di genere  Amara (Italia, 2015) di Claudia Mollese, tutti gli altri parlano di omosessualità (maschile e femminile) e di omofobia.

Gender DocuFilm Fest 2015 - 01 AmaraPeccato perché nelle edizioni passate il Festival, pardon, Fest,  ci ha fatto vedere perle rare per la piazza romana o (più raramente) italiana (spesso i film presentati erano già stati ad altri festival lgbt dello Stivale…).  Tra gli altri ne ricordiamo due, splendidi, Regretters (Svezia, 2010) di Marcus Lindeen premiato dal pubblico e con una menzione speciale della giuria nell’edizione del 2011 e l’altrettanto indimenticabile Prodigal Sons (Stati Uniti, 2008) di Kimberly Reed che vinse il premio della giuria della prima edizione (del 2010) dei quali avemmo modo di parlare…  Tempi lontani ormai.

Per l’edizione 2015 basta che si tratti di un documentario lgbt anche se con il genere non c’azzecca molto…

Su un cambio di rotta così evidente non ci viene in aiuto il comunicato stampa – riportato anche sulle pagine del sito ufficiale del Gay Village, il sito ufficiale del festival, mentre scriviamo – tarda mattinata del 22 agosto – è ancora offline – nel quale si legge che

“Il Gender DocuFilm Fest (….) [ha] sempre prestato un’attenzione non occasionale o superficiale al dibattito inerente le sessualità e il gender”.

Gli studi di genere diventano un inesistente “gender” (senza nemmeno il corsivo dovuto per le parole straniere…) che in italiano non significa nulla e che ricorda pericolosamente da vicino quell’ideologia gender (inesistente) con la quale la destra sta cavalcando l’attacco più reazionario non solo alle omosessualità, ma anche al femminismo stesso visto che gli studi di genere riguardano anche l’analisi del ruolo cui la donna è relegata nella nostra società. Eppure Imma Battaglia, in una delle prime edizioni del Fest,  aveva parlato, usando un italiano felicissimo, di documentari di genere ma, si sa, in Italia fingiamo tutti e tutte di parlare l’inglese e poi ce ne usciamo con dei mostri lessicali come il gender…

Non è l’unico delirio del comunicato stampa che parla di

“… conquiste civili degli ultimi mesi [che] sono motivo di grande ottimismo. Da Roma a Dublino soffia un vento di speranza”.

Di quale vento di speranza si vada cianciando in un Paese come il nostro che non riesce nemmeno a far diventare legge un pessimo disegno parlamentare come quello Cirinnà, che prevede un istituto ad hoc, segregazionista e anticostituzionale, esclusivamente per gay  e lesbiche,  e che il movimento lgbt nazionale e locale (Mario Mieli in testa) osanna come la panacea di tutti i mali, per provincialismo politico e malcelato egopatismo (basta che parlino di noi non importa come…) lo chiediamo volentieri ha chi ha scritto queste righe inquietanti e, vorremmo dire ridicole, se la questione non fosse maledettamente seria. Ma poi pensando che l’orientamento sessuale  viene ridotto alla mera componente sessuale anche nel comunicato stampa di un festival di documentari di genere (che parla di sessualità e gender, solo molte righe più avanti si afferma il diritto all’affettività, così, scollata dalla sessualità come non fossero intimamente connesse e intrecciate…) per tacere del sessismo di una lingua che vede ancora usare il maschile plurale come neutro (per il comunicato stampa di un festival sui documentari di genere non c’è male…); probabilmente stiamo sparando sulla Croce Rossa.

L’Italia, in uno dei momenti di massima emergenza culturale e politica di tutta la storia della Repubblica, evidentemente ha nel festival di Giona A. Nazzaro il meglio che può permettersi. Voi che potete andate all’estero dove vivrete sicuramente meglio che nella culla del fascismo (mai davvero morto) potete anche non curarvene e passar oltre.  Noi che siamo condannati, per censo e sciovinismo, a restare nello Stivale vi rendiconteremo delle tre serate parlandone, come sempre, senza peli sulla lingua… Ed ecco il programma:

 

 

 

 

 

GIOVEDI’ 27 AGOSTO
h. 21.00
HELLO STRANGER di Thomas Ammann. Svizzera, 2012. Durata, 46’
Thomas vive con Felipe. Entrambi si occupano di cinema. Si amano. Thomas, però, vuole essere libero, e non accetta di essere legato solo a una persona. Felipe, invece, non vuole altro che condividere la sua vita con Thomas. Decidono quindi di sposarsi. La felicità, però, è di breve durata. Thomas s’innamora di una ragazza ma non vuole rinunciare a Felipe. Felipe, invece, non vuole dividere Thomas con nessuno. Tanto meno con una donna. Un bruciante film diario. Realizzato in prima persona. Un film che mette brutalmente in scena le incertezze dell’amore. Un melodramma passionale, più vero della vita.

h. 22.00
AMARA di Claudia Mollese. Italia, 2015. Durata: 65’
Il viaggio sulle tracce di uno dei personaggi più emblematici della città di Lecce, capitale barocca del sole, ci conduce nelle di una Lecce invisibile dove trasgressione e devozione sono intrecciati inestricabilmente.
Mara è una transessuale la cui vita è all’insegna del lusso e della poesia, della generosità e dello scandalo. Mara è una che fa scandalo. All’indomani della sua morte, tutti i suoi beni, ossia più di settanta appartamenti valutati in quattro miliardi di vecchie lire, sono devoluti alla Chiesa. Ma chi era Mara? A tracciare il suo ritratto, una polifonia di voci sensuale e contraddittoria, affascinante e misteriosa. La verità? Sempre imprendibile.

VENERDI 28 AGOSTO
h. 21.00
WHEN I GET HOME di Matias Aldemar. Cuba, 2014. Durata, 15’.
Nel centro di L’Avana, Tomàs e Luis hanno creato il loro piccolo mondo. Innamorati da una vita, vivono insieme all’ombra di un regime che ha sempre condannato l’omosessualità. Nella loro modestissima abitazione, attraversata da silenzi malinconici e ricordi, i Beatles, amati da entrambi, condividono lo spazio con cani e galline. Eppure, dopo 28 anni di convivenza, lo spazio sembra diminuire sempre di più. Tomàs e Luis devono fare i conti con una vita che non è come si erano immaginati. Un ritratto in chiaroscurale di un amore che tenta di resistere alle difficoltà di un quotidiano difficile.

NON SO PERCHE’ TI ODIO di Filippo Soldi. Italia, 2014. Durata, 60’.
Un’indagine a cuore aperto e a 360 gradi su uno dei fenomeni più inquietanti del nostro tempo: l’omofobia. Un film che indaga motivazioni e comportamenti, vittime e colpevoli, nel tentativo di capire, guarire. Un film animato da un profondissimo spirito civico, che cerca il dialogo, per tentare di capire come mettere da parte per sempre odio e violenza. Un film anche agghiacciante, che rivela condizioni esistenziali drammatiche. Crude. Un atto politico e un atto poetico.

SABATO 29 AGOSTO
h. 21.00
VIRGINIDADE di Chico Lacerda. Brasile, 2015. Durata, 15’43’’.
Un cortometraggio che rievoca la scoperta di una sessualità anticonformista. Una sessualità irrequieta che muove alla scoperta di piaceri proibiti. Un film coloratissimo, in forma di diario in prima persona, gioiosamente sfrontato e divertito, che gioca con i corpi e le immagini, spudoratamente erotico, e provocatoriamente sovversivo. Una guida per perdere la verginità, pur restando sempre vergine, e sempre pronti a riperderla daccapo.

h. 21.30
LEI DISSE SI di Maria Pecchioli. Italia, Svezia 2014. Durata, 67’.
“Lei disse sì” è una storia d’amore fatta di musica, di rifiuto e abbandono, di accoglienza e condivisione, di imprevisti, speranze, amici e parenti, testimoni allegri di un sogno che si avvera. E’ il racconto di due donne che si amano. “Lei disse sì” è un frammento di Italia, di boschi e laghi svedesi ed è una festa dove il menù di nozze è a base di diritti civili.

n.b.
il titolo corretto del documentario di Chico Lacerda è Virgindade e non Virginidade come erroneamente riportato sul programma ufficiale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(21 agosto 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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