Il sottotitolo a commento della bella mostra aperta a Palazzo Zabarella di Padova, sino al 28 marzo 2016, potrebbe essere: della coerenza espositiva. La Fondazione Bano, sotto la cui egida l’esposizione nasce, persegue da diversi anni affidandosi a curatori di vaglia, un progetto intorno alla pittura italiana dell’Ottocento. In un momento in cui si moltiplicano esposizioni preconfezionate, qui si ha la garanzia della serietà scientifica; mentre ci sono mostre sull’Impressionismo quasi in ogni angolo del paese, mettendo sotto quell’etichetta artisti di ogni corrente buttati nel calderone solo perché coevi, a Padova si va “controcorrente”, si ripensa uno dei maggiori esponenti della pittura di macchia.
Alla presentazione si è parlato della mostra fiorentina del 1987, mentre si è ignorata quella sterminata, veronese del 1999. Presumibili disaccordi curatoriali. Io ne ricordo un’altra, interessantissima e rara, a Lugano a Villa Malpensata, nel 2003, ampia e di sola grafica. Fattori aveva una mano notevole anche in questa tecnica e Padova gli dedica una saletta, piccola, ma abitata da dieci acqueforti, una forma espressiva che gli era molto congeniale e per la quale ebbe grandi riconoscimenti a Parigi, in uno dei suoi pochissimi viaggi fuori dal proprio ambiente. Sono nove di ambientazione rurale ed una con un soldato solitario.
Diviso in sette agili e coerenti sezioni che seguono parallelamente criterio tanto cronologico quanto tematico, il percorso espositivo ci dà l’idea di come Fattori cogliesse il mondo che lo circondava creando immagini dipinte di chi gli stava vicino, amici e parenti, del mondo rurale – tanto degli animali come delle persone – in paesaggi forti e caratterizzati come personaggi e cori dei suoi quadri. Insieme, la guerra, i soldati e talvolta l’incrociarsi dei temi ai tempi delle Guerre d’Indipendenza. La perplessità dei militari francesi accampati alle Cascine (SOLDATI FRANCESI ALLE CASCINE, 1859, collezione privata), ma anche quella dei fiorentini e della gente che cerca di continuare la propria vita. Gli animali, i buoi, le fasi del raccolto, i cavalli selvaggi (TRE CAVALLI BRADI IN PASTURA, MANDRIE AL PASCOLO, 1872 c.a Collezione privata, CRINIERE AL VENTO, dello stesso anno, sempre di collezione privata, sulla riva del mare, CAVALLI AL PASCOLO, ancora del 1872, dell’Istituto Matteucci di Viareggio, e qui il mare è più lontano…), ma anche gli uomini “selvaggi”, i Butteri, intenti al loro lavoro con le bestie come ne LA MARCA DEI PULEDRI del 1887 (Collezione privata) e LA MENA IN MAREMMA, 1890 circa, ancora Istituto Matteuzzi. E ritratti: RITRATTO DI BUTTERO, 1882-1885, collezione privata, inframmezzati ai lavori dei campi, le mandrie, le marine, la pace della campagna, le erbaiole, le passeggiate solitarie, gli eserciti in movimento, le battaglie i poveri corpi abbandonati nella polvere, fino alla conclusione ed al nuovo stato che molto deluse il pittore, come tanti altri.
La mostra si chiude con un’opera emblematicamente disperata intitolata: E ORA? del 1903, da una collezione privata biellese, in cui un contadino si china a guardare il suo povero cavallo stramazzato al suolo, morto per età e per fatica.
Indispensabile strumento, il bel catalogo edito da Marsilio.
Irrinunciabile una visita a questa mostra che vale un viaggio a Padova in cui ci sono altre stimolanti occasioni espositive in questo momento, oltre all’importanza della città stessa.
(30 ottobre 2015)
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