Elisabetta Sirani, una pittrice in un mondo di uomini

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di Giorgia Trinelli #Arte twitter@gaiaitaliacom #Pittura

 

 

Pittrice e maestra, prematuramente scomparsa a  27 anni: dipintorai di soggetti sacri e profani nei quali raffigura donne giunoniche, forti, eroine, simbolo della sua indole determinate, coraggiosa, temeraria. Tanto da sfidare un mondo prettamente maschile.

Sirani Assunse infatti le redini della bottega d’artista del padre e fondò la prima scuola europea femminile di disegno, dove permetteva alle allieve di studiare le anatomie maschili. Bolognese, figlia d’arte, il padre Giovanni Andrea Sirani era uno dei seguaci di Guido Reni e della sua “maniera”. E’ dal padre che Elisabetta eredita la passione per la “pittura maschile”.

Nulla di femminile (passatemi l’espressione) domina i dipinti di Sirani. Forza, netti chiaroscuri, forme giunoniche, plasticità. Anche nelle rappresentazione sacre, nulla è lasciato all’estasi del  sentimento celestiale. Consapevolezza, sguardi alteri, forme evidenti; prevalgono I colori primari insieme ai toni forti, ai netti chiaroscuri, quasi a dire “io ci sono, e non vi permetto di sottovalutarmi”.

La sua pittura viene definita “virile” perché ad una donna di talento dev’essere affibbiato un appellativo maschile, perché il talento non basta a definirla. Virilità non era e non è un termine che si accosti alla femminilità, ma un mondo di uomini è anche questo. E’ anche avere un padre che, pur padrone di bottega, non ti aiuta e non ti avvia alla pittura. Perché sei donna. Se sei ricca invece va tutto bene: perché il mondo del maschio è pronto a  godere e approfittare del tuo successo economico, appropriandosi dei tuoi beni e inglobandoli nel patrimonio famigliare. Così successe anche a Elisabetta Sirani. E continua a succedere a molte donne.

Pittrice veloce nei tratti e nello schizzo; sicura nelle velature e ancor più nel definire i chiaroscuri, conferisce in poche sedute, audaci contrasti sia cromatici che luminosi, e ampia partitura spaziale. Figure grandi su tele di grandi dimensioni, spesso al femminile, sono la sua cifra artistica. Elisabetta dipinge se stessa, le sue eroine sono donne consce del proprio valore; donne che sanno di essere e “sono” e firma le proprie opere, tiene aperta la orta della bottega bolognese perché vuole che tutti vedano che l’artista è lei. E’ lei che dipinge. Sirani è fiera e generosa, arguta e intelligente, artista di mano, tecnica e professionale. E’ una donna che incontra il destino di molte donne, spesso più capaci degli uomini, la cui Arte viene oscurata da un mondo di uomini. Si narra che sia stata avvelenata. Non sarebbe nemmeno così strano nell’oscuro XVII secolo.

Anche Artedossier parla di Sirani. E magari l’8 marzo non è la sola ragione.

 




(8 marzo 2018)

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