Dj Darkphoenix ci parla di musica dark e di discriminazioni verso chi veste “goth” come stile di vita

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di Giuseppe Sciarra

In tempi di body shaming e di orgoglio di essere se stessi (e non conformi) a certi modelli, abbiamo intervistato una figura di culto delle serate dark romane, Ernesto Galli alias Dj Darkphoenix che oltre a parlaci della scena dark romana degli anni 90/2000, approfondisce quella visione (dura a morire) stereotipata e discriminatoria verso quelle persone che adottano un look goth; derise da un’Italia bigotta che giustifica certi vestiari forse, solo se fanno parte delle mode del momento.

Che cosa vuol dire essere dark? Quanto un colore, uno stile di auto rappresentazione di se stessi può essere importante per affermare la propria identità?
Innanzitutto non è e non deve essere una moda ma un modo di essere, il nero esteriorizza ma dietro c’è un contenuto fatto di sensibilità e legato a certi aspetti dell’animo umano. Per molti vestire di nero e ascoltare certe sonorità è segno di depressione, a me invece ha aiutato a reagire agli eventi negativi della vita. Inoltre trovo molto elegante lo stile dark soprattutto quello 80/90 fatto di pizzi neri e giacche di velluto. Il nero è da sempre segno di eleganza. Il dark, inoltre, è ed è stato anche abbattimento dei ruoli sessuali: il look androgino e il trucco pesante, sia negli uomini che nelle donne, sono anche una risposta ai rigidi ruoli imposti dalla società ed al sessismo e maschilismo.
La tua passione per la parte oscura dell’animo umano parte dai romanzi gotici ottocenteschi, mi vengono in mente due racconti, “Carmilla” di Sheridan Le Fanu e “ Dr. Jekil e Mr. Hyde” di Robert Louis Stevenson che hanno influenzato un certo tipo di immaginario horror. Quali sono state le tue letture?
Hai detto bene, è tutto collegato: pittura, cinema e letteratura. Il romanticismo gotico inglese con le sue atmosfere oscure mi ha da sempre appassionato. Oltre ai romanzi da te citati, soprattutto Carmilla. Non può mancare Dracula di Bram Stoker e il suo antesignano Il vampiro di John Polidori, nonché la serie contemporanea di culto sui vampiri di Anne Rice. Inoltre, non si possono non citare i racconti di Edgar Allan Poe e di R.M. Rilke e Hoffmann, senza tralasciare scrittori e poeti del Decadentismo francese e della Scapigliatura italiana. Infine, sono stato sempre affascinato dalla mitologia classica e dall’esoterismo.
Negli anni novanta e 2000 hai suonato in locali, alcuni storici, della scena romana. Come era il mondo della club culture per il popolo dark in quegli anni?
Negli anni ’90 ho messo musica in club come Electric barbarella, per citarne uno su tutti, e nei primi 2000 al Moog e soprattutto allo storico Jungle club di Testaccio, che frequentavo da molti anni assieme al Uonna Club sulla Cassia e al mitico Black Out di Via Saturnia, prima che chiudessero tutti quanti purtroppo. La musica dark aveva una diffusione maggiore nonostante le serate venissero pubblicizzate attraverso un tam tam di telefonate e volantinaggio con flyer di carta. Si andava avanti con il passaparola. Era comunque più facile la diffusione della musica dark, come di tutto il genere rock alternativo che trovava anche sostegno nei mass media (TV e radio). In quelle serate si ritrovavano tutti gli spiriti affini, si scopriva nuova musica, si facevano conoscenze, si rimorchiava, si potevano vedere bei live. La gente sembrava, e forse era, più appassionata di oggi …
Da deejay, quali sono i tuoi musicisti di riferimento, non solo della scena dark ma della scena pop in generale?
Sono sempre stato un grande consumatore di musica, sempre molto curioso. Ho iniziato a 11 anni con l’italo disco e le compilation di mixage con Garbo, Alphaville, Savage, Falco, Gazebo, per citarne alcuni (anche il pop ed i brani che si sentivano in estate erano di qualità rispetto ad oggi). Ho amato Duran Duran, Spandau Ballet, Depeche Mode e anche Tears for fears, Talk talk e Madonna, per poi orientarmi verso la musica rock degli U2 e degli Alarm. Nel 1985 ho conosciuto i Cure ed è nato l’amore, galeotta fu VideoMusic che mandava spesso il video di “In Between Days”. Da allora ho iniziato ad approfondire tutte le sonorità oscure: Scoprivo Siouxsie & the Banshees, Christian Death, Bauhaus, Sisters Of Mercy, Joy Division, Dead Can Dance, Cocteau Twins, Death in June (e mi fermo qui altrimenti non finirei più!). Di questo tipo di musica mi è sempre piaciuta la varietà: si passa dal rock all’elettronica, dalla musica classica a quella folk e pagana. Al di là del goth vero e proprio, posso aggiungere altre band non inquadrate in questo genere che mi piacciono molto, come Placebo, Nirvana, Smashing Pumpkins, Nine Inch Nails e Marilyn Manson. Per quanto riguarda l’elettronica/pop apprezzo molto Massive Attack, Portishead, Bjork, Goldfrapp…Ad ogni modo non mi fermo mai, la ricerca di nuova musica è incessante e trovo molto validi anche i gruppi contemporanei, mai fermarsi alle vecchie glorie!
Come vedi il panorama dark attuale rispetto a quello del passato?
L’ambiente dark attuale, almeno per quanto riguarda l’Italia, sembra essere fatto più di esteriorità che di vera passione. Conta solo l’aspetto fisico, la magrezza e come ti stanno bene i vestitini goth preconfezionati e costosissimi presi in negozi specializzati. Le serate sembrano sfilate di moda e, tra le altre cose, sempre più forte è la presenza del fetish/sadomaso, contro cui non ho assolutamente nulla ma che non rispecchia il mio modo di vivere e sentire le atmosfere dark più autentiche e romanticamente oscure. Questo tipo di serate attira, inevitabilmente, gente che non c’entra nulla e totalmente estranea alla nostra cultura e musica, mossa solo dalla curiosità morbosa e dalla voglia di rimorchiare facilmente. In passato, inoltre, era tutto più spontaneo, l’outfit lo si creava comprando vestiti usati alle bancarelle dei mercatini e assemblando poi il tutto in maniera originale e davvero personalizzata. C’era più passione ed interesse per la musica e tanti concerti dark erano spesso anche improvvisati nelle piazze, ma forse devo ricredermi visto che molti della cosiddetta “vecchia guardia” sono spariti e si sono “imborghesiti”. E’ un dato di fatto che eravamo di più, ora siamo 4 gatti e non c’è interesse da parte delle giovani generazioni prese da trap e reggaeton.
Anni ottanta e anni novanta. Cosa ricordi di questi due decenni tutt’oggi amati anche dai giovanissimi?
Per quanto riguarda l’interesse da parte delle nuove generazioni per gli anni ’80 e ’90, purtroppo non lo vedo, almeno per quanto riguarda le sonorità più oscure che piacciono a me. Ho un bellissimo ricordo di quegli anni. Ero giovane e ricordo negli anni ’80 l’aggregazione spontanea che si creava a scuola, c’era più interesse e curiosità, forse mi ha aiutato anche vivere a Roma. In realtà in quegli anni la musica dark ed in genere alternativa era molto diffusa anche al sud. A Bari e Taranto suonarono Siouxsie, i Sound, i Litfiba. Nel paesino pugliese di mio padre dove andavo di estate mi capitava spesso di incontrare sul pullman che ci portava al mare, ragazzi con lo stereo portatile che ascoltavano i Cure o i primi Litfiba e CCCP. Negli anni ’90 ai miei ascolti si sono aggiunte le sonorità del grunge e dello shoegaze e sono stati gli anni in cui sono passato dal semplice ascolto alla frequentazione notturna dei club dark e concerti fino ad arrivare alle prime esperienze da dj.
Ti sei mai sentito discriminato per la scelta di volerti truccare e vestirti sempre di nero? Puoi raccontarmi qualche episodio particolare che ti ha colpito?
Questa cosa mi creava problemi ovviamente con mio padre nato in un piccolo paese della Puglia e con la gente che per strada mi prendeva in giro, dandomi del “frocio”, – che per loro era una offesa – o cercando la provocazione. Devo dire che ora le cose sono pure peggiorate e a Roma la gente è diventata più intollerante. Sono successi vari episodi a me e a mia moglie, i più frequenti comprendono risate e sfottò tipo”Morticia” a lei e “Corvo” a me, ma il più antipatico degli episodi sicuramente per entrambi è quello di un bambino di 5 anni circa che ci ha riso in faccia gridandoci ripetutamente “Pagliacci!”, con tanto di genitori compiacenti e compiaciuti al seguito con un bel sorrisetto divertito stampato in faccia durante tutta la scena. Ecco, credo che questo singolo episodio da solo metta in luce drammaticamente l’intolleranza della società odierna nei confronti di chi non è omologato e osa esprimere sé stesso anche, e non solo, col proprio look.
Noi ci siamo conosciuti in un evento e in quella occasione mi hai parlato dell’omicidio di una ragazza dark in Gran Bretagna. Un caso poco dibattuto dai media italiani. Ce ne parleresti e potresti farci capire perché c’è chi odia una persona semplicemente per il modo in cui veste?
Fu un episodio tristissimo, segno, di nuovo, dell’intolleranza della gente. Avvenne in una notte di estate del 2007. Sophie Lancaster ed il suo ragazzo entrambi ventenni passeggiavano nello Stubbilee Park di Bacup nel Lancashire in Inghilterra e furono aggrediti da 5 adolescenti che li picchiarono selvaggiamente con estrema crudeltà prendendoli a pugni e calci, pestandoli a morte e lasciandoli lì a terra. Sophie entrò in coma e morì pochi giorni dopo, Robert nonostante le gravi ferite sopravvisse. Fu un’ aggressione ed un omicidio efferato per motivi futili, gli autori si vantavano dicendo di aver punito due “mosher”, in gergo rockettari. Erano stati pestati solo per il loro look, perchè vestivano di nero, erano due goth, questa la loro unica colpa. Sul perchè la gente se la prenda così tanto con i goth posso solo dirti che il sempre crescente conformismo/omologazione ha prodotto una totale incapacità nel 90% delle persone di accettare anche la minima forma di diversità esteriore, fenomeno per niente combattuto da media e serie tv o film, perfino quelli più alternativi, dato che il politicamente corretto di questi ultimi anni ha escluso sistematicamente e totalmente queste tematiche, andando a sensibilizzare su tutti i tipi di diversità possibili ad eccezione di quella goth e delle sottoculture musicali. Peggio ancora, i dark vengono apertamente derisi e dipinti come satanisti, pazzi, drogati, alienati o semplicemente stupidi e depressi. Tutto questo porta la gente a sentirsi in diritto/dovere di insultarci o farci l’interrogatorio sul perchè di queste scelte di look o di consigliarci di andare dallo psicologo per il fatto di vestire di nero e per i gusti macabri. Nei casi più estremi si arriva alla violenza fisica così come è stato per Sophie.
Sei anche un appassionato organizzatore di eventi. Hai cominciato in occasione dell’anniversario della morte di Ian Curtis dei Joy Division ad organizzare serate live al Trenta Formiche, ci parli di questa esperienza?
Ho organizzato, o meglio contribuito ad organizzare, alcuni concerti e serate di ascolto, tra cui l’Ad Memoriam, serata tributo a Ian Curtis, il cantante dei Joy Division. Devo dirti che organizzare concerti di questo genere non è affatto una cosa facile. Bisogna trovare il locale, proporre il gruppo che vuoi far suonare e quasi sempre il gestore del locale te lo boccia, soprattutto se non è una band che fa le cover dei soliti gruppi. Bisogna fargli la corte al “localaro”, lo chiami/messaggi e non ti risponde, ti chiederà: “Quanta gente mi porti?”, “Ma io che ci guadagno?”, “Chi sono questi?”. Perchè molto spesso chi gestisce un locale è anche ignorante di musica o semplicemente pensa solo al guadagno e non alla qualità della musica da proporre. Spesso siamo noi organizzatori a non rientrarci nemmeno delle spese, dovendo lasciare praticamente tutto il guadagno ai gestori dei locali. Ma è la passione che ci muove e qualche risultato a volte lo portiamo a casa, non certo per i soldi, come ti dicevo, ma per la soddisfazione di aver realizzato qualcosa di qualità sostenendo davvero questa musica e i gruppi spesso dimenticati e ignorati.
Mi faresti delle previsioni sullo scenario della musica live post covid?
Da anni è in atto una vera e propria regressione della situazione concerti soprattutto a Roma. Se pensi che ormai dopo il Covid, a parte i gruppi dark meno conosciuti al grande pubblico, non stanno venendo più a suonare nemmeno i grandi nomi come i Placebo, i Rammstein e i Cure che non mancavano mai qui alla capitale, la situazione è grave, rende l’idea della crisi che sta vivendo proprio la nostra città per quanto riguarda la musica dal vivo. Qualcuno, però, fortunatamente resiste e continua ad organizzare serate e concerti, anche se con estrema difficoltà. Forse c’è una ripresa dell’interesse per il rock in generale da parte dei giovani, soprattutto verso i classiconi senza tempo degli anni ’70, o verso generi più noti come appunto l’ hard rock e il metal, ma per quanto riguarda le sonorità più oscure e certe diramazioni del dark/goth purtroppo c’è un’ignoranza e disinteresse totale.

 

(12 ottobre 2022)

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