Parlando di “Fitopolis, la città vivente” di Stefano Mancuso

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di Fabio Galli

“Fitopolis, la città vivente” di Stefano Mancuso è un saggio che esplora una visione radicale dell’urbanizzazione, sfidando il modello attuale delle città moderne. Mancuso, biologo e accademico specializzato in neurobiologia vegetale, parte da una premessa affascinante: le città potrebbero essere progettate e vissute come organismi viventi, con la capacità di respirare, crescere e adattarsi in simbiosi con l’ambiente circostante.


I Temi Principali del Libro

  1. La Città Come Organismo: Mancuso propone un’idea rivoluzionaria – le città, invece di essere costruite per “resistere” alla natura, dovrebbero integrarsi con essa. Descrive le città come “organismi” con una sorta di metabolismo inefficiente, che consuma risorse naturali in modo non sostenibile. La struttura urbana, sostiene Mancuso, può e deve imitare i processi naturali per diventare un “organismo urbano” autosufficiente.
  1. L’Impatto Ecologico delle Città: Mancuso espone dati sconvolgenti per dimostrare quanto le città siano ecologicamente insostenibili. Ad esempio, per il funzionamento di una metropoli come Roma occorrerebbero ben venti milioni di ettari di risorse – un’area che copre quasi tutta l’Italia. Questa pressione ecologica dimostra quanto sia urgente un cambiamento, poiché le città moderne, così come sono, rappresentano un peso insostenibile per il pianeta.
  1. La Rivoluzione Verde Urbana: La soluzione proposta da Mancuso è ambiziosa e utopica: trasformare le città in giungle urbane. L’idea non è solo quella di aggiungere qualche parco o qualche albero isolato, ma di rivoluzionare completamente il paesaggio urbano. Strade e marciapiedi, spesso soffocati dalle automobili, dovrebbero diventare spazi dedicati agli alberi, che secondo Mancuso sono gli unici esseri viventi in grado di contrastare in modo efficace il riscaldamento urbano. Gli alberi, infatti, abbassano naturalmente le temperature, purificano l’aria e forniscono ombra.
  1. L’Influenza della Biologia sulla Pianificazione Urbana: Mancuso si ispira anche alla biologia e alla teoria evolutiva, come quella di Darwin, per esplorare nuovi approcci alla pianificazione urbana. Con esempi storici e contemporanei, il libro mostra come una città possa adattarsi, evolversi e addirittura prosperare se integra concetti presi in prestito dalla natura. La natura non è solo una risorsa da sfruttare, ma un modello da imitare.
  1. Curitiba, il Modello di Rivoluzione: Un esempio concreto che Mancuso porta è quello di Curitiba, in Brasile. Qui, nel 1972, un giovane sindaco attuò una rivoluzione ecologica creando la prima zona pedonale del Paese, nonostante l’opposizione generale. Questo episodio è emblematico del tipo di cambiamento che Mancuso auspica: decisioni coraggiose, prese rapidamente e in modo determinato, per avviare una transizione sostenibile.


Lo Stile e il Messaggio

Fitopolis non è solo una denuncia o una profezia apocalittica. Mancuso evita il tono catastrofista, limitandosi a presentare dati e osservazioni scientifiche. Tuttavia, il messaggio è chiaro: la città, come la conosciamo oggi, è un modello che non può continuare a lungo. La soluzione è nella “città vivente” – un organismo fatto di alberi, di vie pedonali, di spazi verdi che sostituiscano il cemento e il traffico.

Un Saggio Visionario e Utopico

La proposta di Mancuso può sembrare utopica, ma ha una base razionale. Mentre la maggior parte dei dibattiti sull’ecologia si concentra su riduzioni delle emissioni o sulle energie rinnovabili, Fitopolis ci invita a ripensare radicalmente la nostra idea di città. Non si tratta solo di un’utopia verde, ma di un’invocazione a cambiare il nostro rapporto con lo spazio urbano. Come dice lo stesso Mancuso, in un mondo che brucia e che si sta urbanizzando rapidamente, un’alternativa così radicale non è solo auspicabile, ma forse inevitabile.

In sintesi, Fitopolis è un manifesto che invita a vedere le città come un’entità vivente e a reimmaginare gli spazi urbani come oasi verdi che possono aiutare il pianeta a sopravvivere. Un libro per chi vuole sognare, ma anche agire.

Ecco una versione con un approccio più libero:

Immagina un libretto apparentemente innocuo, 160 pagine di carta stampata che si infilano in borsa senza fare rumore. Poi, però, cominci a leggere Fitopolis, e ti ritrovi a fissare il soffitto alle tre di notte, chiedendoti se ci sia una via d’uscita dall’incubo delle nostre città. Il viaggio comincia con una scoperta curiosa: le città sono costruite come corpi umani – arterie, nervi, tessuti che si intrecciano come in un organismo. Ma questo organismo, come scoprirai pagina dopo pagina, ha il metabolismo di una bradipo con il raffreddore.

Mancuso non risparmia colpi: scava nell’idea stessa di città, mostrando che quella che consideriamo la forma sociale più irresistibile e avanzata è anche un colabrodo ecologico. E non ci va leggero, snocciolando cifre che sembrano uscite da un film di fantascienza: la nostra cara Roma, per esempio, ha un’impronta ecologica che si mangia quasi tutta l’Italia, isole comprese (lasciando a malapena il Nord fuori dal piatto). È come una gigantesca pianta carnivora che vive al di sopra dei suoi mezzi.

Il quadro si fa più cupo quando si passa all’emergenza climatica: la città così com’è è un disastro in attesa di accadere, pronta a surriscaldarsi e a collassare, incapace di adattarsi a ciò che già la sta travolgendo. Ma ecco la svolta: Mancuso propone un cambio di paradigma che sfiora il sogno rivoluzionario. Non qualche panchina in più o due cespugli decorativi, ma un ribaltamento totale: strade trasformate in vie di alberi, polmoni verdi che risucchiano il calore e rendono l’aria meno ostile. La visionaria proposta si ispira all’esperimento (riuscito) di Curitiba, in Brasile, dove un sindaco fece una cosa pazzesca per l’epoca: chiuse le strade alle auto e le riempì di alberi e pedoni. Sì, hai letto bene, pedoni.

Lontano dall’essere solo un allarme o una raccolta di statistiche, Fitopolis è un manifesto appassionato e, forse, un po’ utopico. Eppure, in un mondo che brucia, ogni proposta vale la pena di essere ascoltata. Forse è ora di smettere di pensare alle città come macchine e cominciare a immaginarle come giungle moderne.

 

 

(17 novembre 2024)

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