di E.T. twitter@iiiiiTiiiii
Ci sono spettacoli che dopo averli visti ti lasciano a bocca aperta, non per lo stupore, ma per la meraviglia: perché dici, ecco, allora si può. Non cerco l’impossibile. Si possono creare certe atmosfere, recitare certi testi, scrivere certe canzoni. Anche per questo ho scelto il mestiere che ho scelto.
Il Roma Fringe Festival ha vissuto il 30 giugno scorso del lampo abbagliante procurato dall’esibizioni magnifica di Emanuela Bianchi, femme a tout faire dello splendido “La Magara”.
Ambientato attorno al 1770, ultima data in cui si celebrarono processi per stregoneria, prima che nel Regno delle Due Sicilie si proibissero per decreto e per lo scandalo di vedere due preti protetti dalle sacre e viscide vesti di Santa Romana Chiesa accusare di stregoneria una donna – quante ne hanno bruciate vive con la stessa accusa questi assassini senza vergogna e senza tempo? – alla quale volevano togliere le ricchezze per appropriarsene per il bene della Chiesa e della cristianità (sic).
Il racconto si snoda attraverso il racconto della vita di Cecilia Faragò, processata e condannata per stregoneria nel 1770 appunto, è curioso che il web non si occupi di lei, la donna condannata per stregoneria, ma del suo avvocato Giuseppe Raffaelli, come dire che il maschio l’ha sempre vinta.
Proprio grazie all’arringa di Raffaelli il reato di stregoneria fu abolito, ma è dell’abuso maschile sulle donne che lo spettacolo parla, delle angherie, delle vie obbligate che le donne hanno dovuto percorrere creandosi momenti di libertà grazie alla loro intelligenza e capacità in un intreccio di soprusi al femminile dettati dai comportamenti maschili, e di machismo esasperato, culturale, quasi impossibile da sradicare.
Quelle donne a cui non viene concesso di pensare, di amministrare, di vivere, di pensare, di parlare, di ascoltare; quegli esseri femminili che riusciamo ancora oggi, nel 2014, ad isolare – ormai senza riuscirci – in una società maschile totalmente fallimentare, e le donne che si ribellano sono sole.
La solitudine della ribelle, recita lo spettacolo. Insomma: la strega. La strega che ci stupisce con un aforisma indimenticabile: “L’Uomo quando ha paura punisce (oppure è la Legge di Dio)”.
Emanuela Bianchi ci lascia a bocca aperta recitando un testo straordinario, calcando la scena con le sue danze perfette per equilibrio e dosaggio delle energie, ci suggestiona con la sua bravura e la sua bellezza, ci incanta con la sua voce e le sue canzoni, ci offre momenti di perfezione estetica e drammaturgica, una interpretazione misurata e controllata con intelligenza, ci regala finalmente quello che è stato – per chi scrive -lo spettacolo più bello visto al Roma Fringe Festival 2014 e per questo, chi scrive, ringrazia Emanuela Bianchi perché con il suo lavoro ci ha confermato che questo teatra che tanto amiamo e critichiamo regala ancora gioielli meravigliosi quando meno ce l’aspettiamo.
(1 luglio 2014)
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