Perugia, stop al Festival del Giornalismo

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I Volontari del Festival Internazionale del Giornalismo 2013 a Pdi Ghita Gradita

Non è una buona notizia, ma è quella che è: il Festival del Giornalismo di Perugia chiude. Mancano i soldi. Un paradosso tutto italiano: più la manifestazione cresceva e diventata importante, più diventava difficile reperire le risorse, così gli organizzatori hanno detto basta.

Si affida ad un lungo comunicato sul sito ufficiale della manifestazione la spiegazione dei fatti, affidata a colei che del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia è stata l’anima: Arianna Ciccone.

“Ci sono momenti in cui capisci che ti devi fermare. Che la vera forza, il vero coraggio è dire: grazie, ma no. È quello che è successo a me e a Chris con il Festival, una parte molto importante della nostra vita.

Per capire perché dovrei raccontare tutta la storia del Festival: com’è nato, le mille difficoltà, gli errori, com’è cresciuto, com’è diventato un piccolo miracolo in un paese dove il talento, quando ottiene risultati, sembra un’anomalia da risolvere e non da premiare. Senza agganci politici o conoscenze, una napoletana e un inglese decidono di mettere su un evento internazionale sul giornalismo, in Italia. Roba da matti.

Quando ebbi l’idea eravamo in giardino, da giorni parlavamo di come era frustrante lavorare per gli enti organizzando eventi culturali. La voglia di fare una cosa in proprio era sempre più forte: sapevamo esattamente cosa fare e come farlo. «Chris, facciamolo noi: facciamo un festival internazionale del giornalismo». «Bell’idea, amore – la risposta di Chris andrebbe letta con il suo accento anglo-napoletano – ma impossibile da realizzare». E così me ne andai in giro con il mio foglietto A4 e il format di un evento sull’informazione che è esattamente il Festival che oggi tutti conoscete. Cercavamo sostegni istituzionali e finanziatori. Non è stato affatto facile. Anche il mondo del giornalismo mainstream italiano (a parte alcune eccezioni, da cui poi sono nate amicizie) era scettico nei nostri confronti: “Chi sono questi due che vogliono parlare di noi?”, era giustamente il loro punto di vista… Per nostra fortuna si era già in fase distruptive e in questo le dinamiche della Rete –  sempre sia benedetta – hanno fatto da testa di ariete.

La prima edizione, con molti sforzi, riuscimmo a metterla su con 80 mila euro… Se ci penso oggi! Una follia, ma la risposta del pubblico fu immediata, spiazzante. Facemmo un sacco di errori, il programma era – come dire – conservatore, senza vere spinte innovative. Le critiche da questo punto di vista – ciao Luca Conti, come va?  – ci fecero molto bene. Dalla seconda edizione si creò una piccola magia: c’erano persone che volevano partecipare con le loro idee, le loro proposte (mitico “popolo del web”). Era l’economia del dono, solo che non lo sapevo. Si mise in moto una rete di conoscenze e saperi a disposizione del Festival, e il programma si arricchì, lo vedemmo crescere di anno in anno, ampliare e intensificare il suo taglio internazionale (moltissime proposte arrivano ogni anno anche da giornalisti, esperti e istituzioni straniere). Così in pochi anni #ijf è diventato uno degli eventi sul giornalismo più importanti e apprezzati a livello internazionale. Non è una storia incredibile? (…) 

Per rispetto della fatica, dei sacrifici fatti, della magia e della bellezza di quello che abbiamo creato insieme alle persone che hanno lavorato con noi, per rispetto di questo evento che, nonostante tutto, abbiamo portato avanti sempre con amore, dignità e umiltà, oggi abbiamo deciso di fermarci.

Più il Festival cresceva, diventava importante e più – paradossalmente – diventava faticoso costruire il budget per realizzarlo. «Stop at the top» dice spesso Chris. E ha ragione, se non ci sono le condizioni – e purtroppo non ci sono – bisogna fermarsi. Farlo nonostante tutto sarebbe un errore gravissimo. Il Festival deve continuare a crescere, a essere innovativo, a migliorare. I budget modesti di questi anni non sono più sostenibili. Fare il Festival a ogni costo pur di farlo, magari riducendo ospiti e giornate non è accettabile. O si va avanti migliorando o ci si ferma. Ci farà bene, magari è solo una pausa di riflessione. Se le condizioni si ripresenteranno e saranno quelle giuste per realizzare una nuova edizione degna della storia del Festival, saremo pronti a ripartire. Ma oggi è il momento di dire no”.

Arianna Ciccone non esclude che in futuro il festival possa ritornare, ma per il momento preferisce fermarsi all’edizione numero 13. Poi magari un nuovo miracolo potrà anche succedere…

 

 

 

 

 

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