Week-End Letterari di Gaiaitalia.com: Il Capo, “64”

Altra Cultura

Condividi

Weekend Letterari Newde Il Capo

 

 

“64

E’ sempre piena e strapiena, la corsa 64. E’ così da quando ho visitato questa città per la prima volta, nel 1980, nemmeno ventenne, e dovevo andare a visitare le Carle, due amiche che vivevano dalle parti di San Pietro, trecento chili in due, entrambe bionde, energiche e furiose, che litigavano continuamente, ma non si separavano mai. Le sospettavo segrete amanti. Sulla 64 feci una straordinaria esperienza. Nella calca un simpatico uomo di mezza età mi aprì la lampo e fece il suo lavoro,con maestría, delicatezza e soprattutto discrezione. Mi lavai nella toilette di un bar poco distante dalla mia fermata. Lasciai le mutande (da allora non le porto più) nel cestino del bagno.
Raccontai la storia alle Carle. Si sbellicarono dalle risate. Le mettevo di buon umore mi dicevano, e poi ricominciavano a litigare.

Non era di buon umore, invece, la simpatica virago che stava di fronte alla porta posteriore della 64 qualche giorno fa, in un pomeriggio pre-prefestivo dove io, dovendomi recare dalle parti di Largo Argentina, avevo pensato di farmi venti minuti di autobus pressato tra tutto il ben di dio che la carne immigrata offre a chi voglia pensare che il mondo è bello perché è vario. Era arrivata, la simpatica virago, aveva guardato disgustata un gruppo di una decina di giovani senegalesi uno più bello dell’altro che stavano salendo facendo gruppo attorno a me, che non mi pareva vero di poter esibire la stessa discrezione dell’uomo di mezz’età di cui ho già parlato.

Ci sono cose che devono rimanere segrete, così che non saprete se qualcosa è successo, sta di fatto che la simpatica virago aveva l’occhio iniettato di sangue nel quale si poteva leggere tutto l’odio che provava per non poter salire, dato che non c’era posto sufficiente per lei, e per la sua stazza, che poteva tranquillamente occupare lo spazio che occupano tre slanciati senegalesi. Poi qualcosa successe e si decise. Entrò. Miracolosamente, e nello stesso momento, tre persone uscirono dalla porta centrale, ed il flusso umano si spostò verso il centro beneficiando due persone: la centocinquantachilista bionda e furiosa e me, che mi trovai pressato da un giovane africano il cui pacco stazionava ora esattamente all’altezza della mia mano. E di spalle agli astanti.
Ora raccontatemi che dio non esiste. O che Jung si sbagliò formulando la sua teoria della sincronicità.

Ci sono cose che devono rimanere segrete, devo averlo già detto, così che mi faccio ritornare all’autobus che comincia a muoversi e a raggiungere fermate, alle quali, è sempre stato così da quando sono in giro per il mondo – non ho mai guidato l’auto – la gente sale e scende o scende o sale o tutt’e due, soprattutto quando si sbaglia. Ciò che non succede spesso è avere a bordo una bionda di centocinquanta chili che si caga in tutti gli dei ad ogni fermata e ad ogni persona che salga o scenda da quella porta che la sua augusta e ingombrante persona ha scelto come temporanea residenza e dalla quale è quasi impossibile entrare o uscire. O l’inverso.
A me va meglissimo: ad ogni movimento dell’autobus, ad ogni rinculo dei passeggeri stipati, il pacco del giovane africano esercita pressioni (che il tempo passa rapido, mai dire “vecchio porco cosa fai con quella mano”, che in un battito di ciglia vecchio porco e mano sei proprio tu); dall’altra parte della strada, come una visione, Fiorella Mannoia passeggia per la strada.

C’avviciniamo a Torre Argentina. Alla fermata precedente il mio principe nero mi aveva abbandonato scendendo veloce senza neanche un ti amo né una manifesta gratitudine per le mie delicatezza e discrezione, uscendo dalla porta custodita dalla virago che aveva maledetto la sua innocente madre per averlo fatto nero e dotato di gambe, cioè deambulante ed africano, perché in tutti i suoi centocinquanta chili si agita feroce l’ormone dell’intolleranza, del questa è casa mia cosa fate qui, del maledetti voi statevene in Africa, del non si può nemmeno salire in autobus perché non c’è posto. Che varrebbe anche per lei complice la sua stazza, ma la capisco. Quante volte le avranno detto grassona, cicciona e schiattacantere, bisogna pur farla pagare a qualcuno.

A Torre Argentina tocca a me, e a quasi tutti i passeggeri della 64: scendo dalla porta controllata dalla nazivirago che da una trentina di secondi sta investendo di insulti un ometto di una settantina d’anni che le ha pestato un piedino, a suo dire. La guardo e le dico: “Si rilassi”. Mi vuole picchiare, glielo leggo negli occhi, ma legge nei miei che se solo muove un muscolo o proferisce verbo le rigiro la faccia con uno schiaffone, perché l’intolleranza genera intolleranza, lo sa anche Ratzinger, e lo sa anche lei. Per questo entrambi la praticano. In mezzo alla silente gazzarra il mio principe africano passa proprio di fronte a me, a pochi metri di distanza, i suoi nobili piedi sfiornao il selciato come nera antilope, in compagnia degli altri amici suoi ex passeggeri della 64. Non mi degna di uno sguardo (dopo l’orgasmo alcuni si irritano, mi diceva un amico andrologo) ed il suo aristocratico distacco nemmeno mi turba.

Mentre mi avvio verso la Chiesa del Gesù, vedo che la virago centocinquantachilista, bionda e trionfante, si posiziona proprio di fronte alla porta posteriore dell’autobus, quella da dove altri passeggeri dovranno salire, quella da dove lei malediva chi non lasciava entrare i passeggeri, quella da dove lei eserciterà il potere che il suo miserrimo vivere le consente. Penso, cammino verso la Chiesa del Gesù, che basterebbe così poco per vivere bene e che rovinarsi la vita dopo averla avuta in dono è la cosa peggiore che un essere umano può fare a se stesso. Sarà che sto andando a un funerale ed essere vivo in questo momento mi fa sentire tanto più profondo.

Dall’altra parte della strada, otto suore camminano in fila come pinguini in direzione opposta alla mia. Mi tocco i coglioni, per fortuna non indosso mai biancheria intima, con entrambe le mani.

Ma non per rendermi conto se ancora stanno al loro posto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©gaiaitalia.com 2014
diritti riservati
riproduzione vietata
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Pubblicità