#Visti per voi: “Una donna e il suo bagaglio”, infelice lavoro attoriale testo e regia interessantissimi

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Una donna e il suo bagagliodi E.T.  twitter@iiiiiTiiiii

Eravamo lo scorso 6 giugno, al Teatro Elettra di via Capo d’Africa, 32 a Roma, per assistere allo spettacolo “Una donna e il suo bagaglio”, scritto e diretto da Danilo Canzanella per la compagnia Memorie Future.

Spazio angusto, pubblico terribilmente vicino agli attori, ma il testo è interessante solo ammantato qua e là di una certa retorica un po’ fastidiosa dovuta più al periodo storico in cui lo spettacolo si muove – una puritanissima America affascinata da una soap-opera non troppo lontana da quella odierna, perché va ricordato che l’America non è New York, ma è quella profonda, repubblicana, evangelista, di estrema destra, di cui non si parla mai.

L’impianto scenico è interessante, il regista ed autore sceglie di lavorare con gli attori sulla circolarità del tempo (ma la scelta di lavorare su quadri non lo aiuta) utilizzando per i due ruoli principali (Miller e la di lui Madre) quattro differenti attori nei panni del Miller Giovane e del Miller cresciuto e in quello della Madre (giovane ed adulta).  Il senso d’urgenza e di cataclisma incombente che si avverte fin dalla prima battuta e che aleggerà per tutto lo spettacolo viene però scambiato dagli attori per panico e tutti e sei i personaggi, dal proprietario dell’hotel al fratello meccanico, ai Miller, alle Madri, riescono solo a trasmettere una senso di terrore sterile, senza partecipazione emotiva. Sono imprecisi nella battute, sbagliano i tempi verbali, prendono diverse papere, l’accento locale così come la dizione sono troppo marcati: mancano purtroppo di verità. Il loro essere attori sembra essere fermo alla loro testa. Non hanno corpo. Non hanno emozione.

Ma sicuramente sono capitato in una brutta serata, forse attrici ed attori erano stanchi, o forse l’atmosfera nei camerini non era idilliaca ed è stata scambiata la tensione della vita con quella della scena, dimenticandosi che l’attore ha l’obbligo di portare in scena la veritàdel testo.

Ci è dispiaciuto perché il lavoro dell’autore e regista è rigoroso, le sue scelte registiche intelligenti in uno spazio che non lo ha aiutato, perché il testo prende spunto da un interessante personaggio della cultura dello starlettismo a stelle e strisce (Douglas Sirk, proprio quello de Lo Specchio della Vita dove si piange come animali), e anche perché ci dispiace vedere lavori dignitosi “massacrati” da attori che non hanno capito che quello del palcoscenico è un mestiere e che va affrontato con dignità ed umiltà.

Alcuni momenti di verità (la scoperta dell’omosessualità di Miller, finalmente scritta e rappresentata come un’ingiustizia sociale e non come una rivendicazione tout-court, la discreta corte del meccanico allo stesso Miller, il dolore del  Miller adulto di fronte ad una madre snaturata) appaiono qua e là.

Meno riuscito l’innesco della relazione incestuosa tra Miller e la Madre.

Lo spettacolo ha la potenza per funzionare molto meglio di ciò che abbiamo visto il 6 giugno scorso, ma ripetiamo che si è trattato senza dubbio di una serata sfortuna. Il regista ed autore Danilo Canzanella ha talento.

Alla prossima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(8 giugno 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

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