di E.T. twitter@iiiiiTiiiii
Sono molte le ragioni che ci spingono a raccontarvi perché siamo stati felici di essere al Roma Fringe Festival 2014: non solo perché siamo stati in qualche modo protagonisti, con le nostre cronache, il nostro voto agli spettacoli – essendo chi scrive stato parte della giuria – della manifestazione, ma perché abbiamo visto ciò che credevamo di avere già visto e ciò che invece dovevamo ancora vedere, per stupirci in entrambi i casi.
Tra le cose già viste il solito “manipolo di fratelli” (Enrico V, Shakespeare, solo per stare in tema), quelli che sono tutto un bacio, un saluto, un abbraccio, un pissi pissi bao bao e buon pro vi faccia, un sorriso e che volano in gruppo come certe specie di calabroni; a volte altrettanto fastidiosi, raramente pungenti – soprattutto per chi è abituato al veleno – sempre sopra le righe. Che stanno dove sono per dire “io c’ero” e quel “io c’ero” dev’essere noto a tutti.
Sono quelli che ti si presentano ogni sera, perché si son dimenticati che l’han già fatto la sera precedente, quando a te non te ne fregava già una sega, con lo stesso tono identico, e ti danno nome e cognome, così come se ti importasse, e quindi mentre intrattengono il consueto monologo prespettacolo ti ignorano fino alla stretta di mano della sera successiva. Ricordano certi provinciali di cittadine opulente del nord, che passano con te la serata ad una festa di amici comuni, parlano amabilmente o meno della loro inutile esistenza fatta di nulla e ti ignorano il giorno successivo incontrandoti per strada.
Di già visto c’è stato anche un certo teatro di ricerca [sic] che era già vecchio nel 1980, quando invece chi scrive era più giovane, fatto da attori così pieni del loro ego da inseguire miti irraggiungibili, soprattutto perché ancora in vita, e perpetrato attraverso spettacoli così inutili da farti venire voglia di gridare. Quando poi incontri l’attrice che si sente la reincarnazione prescelta delle unione delle anime in vita di Marina Abramovich e Meredith Monk, credendoci anche, capisci che il già visto è proprio già visto e per fortuna un’ora dura poco.
Di già visto c’è anche l’arroganza di certi funzionariucoli istituzionali che spiegano perché le istituzioni italiane vanno come vanno, certi problemi che colpiscono l’innocente organizzazione che paiono pilotati per chissà quale scopo, il fastidio che si percepisce per una manifestazione che senza un soldo di sostegno pubblico veicola 280 repliche di spettacli in poco più di 30 giorni, che muove 72 compagnie da mezzo mondo, che riesce ad ottenere il sostegno di una rete di soggetti disposti a mettersi in gioco insieme all’organizzazione, con la loro passione per la vita e per la cultura, e che irritano certi funzionariucoli istituzionali che pontificano dall’alto del loro nulla travolti dal potere che pensano di avere che li distrugge e che impedisce loro di vedere l’orlo del precipizio sul quale pericolosamente fanno equilibrismi.
La nuova legge sulle pubbliche amministrazioni permetterà il licenziamento dei funzionari incapaci. Ci sono anche buone notizie quando meno te lo aspetti.
Di non visto c’è l’organizzazione del Roma Fringe Festival, la loro generosità – siamo arrivati lì per essere stati cronisti e giurati e durante la premiazione dell’11 luglio siamo stati invece citati come Media Partners, non ce l’aspettavamo, non c’erano accordi in tal senso, l’organizzazione ha scelto così e gliene siamo grati.
Anche di generosità è fatto il cammino futuro della cultura e del teatro che tanto amiamo e odiamo, perché di tromboni che si aggrappano al carrozzone del potere ne abbiamo visti fin troppi e sarebbe anche ora di basta.
Di non visto c’è stata l’atmosfera magnifica che si respirava al Roma Fringe Festival, la collaborazione, il giocare seriamente un gioco da adulti, le compagnie che entusiaste e stanche davano l’anima, le grida del pubblico, gli applausi, lo spazio di Villa Mercede perfetto per la manifestazione (un uccellino ci ha detto che potrebbe anche non tenersi più lì, la manifestazione: sapete, ci sono un sacco di uccellini chiacchieroni con notizie che vanno e vengono e minacce che servono a farli ingrassare, ma poi scoppiano. E ci sono cacciatori armati a pallettoni…) i Rangers, i bagni chimici e tutto un baraccone portato avanti con volontà di ferro e duro lavoro per tutto l’anno.
Di non visto o di visto raramente c’è l‘amore per il proprio lavoro senza egopatie di mezzo, la capacità di costruire senza deliri di onnipotenza (non che non siano sempre lì dietro l’angolo), c’è una rete di scapestrati teatranti che hanno ancora voglia di fare ed innovare nonostante la crisi dei teatri della Capitale, cronicamente vuoti. mentre il Roma Fringe Festival è pieno di gente.
Per tutto questo e molto altro – di cui parleremo in altra rubrica e momento – è stato bello esserci e, se ci vorranno ancora, sarà bello esserci in futuro.
(12 luglio 2014)
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