71ª Mostra del Cinema di Venezia, da Gitai a Chiarini, da Martone a Tsukamoto, Emilio Campanella c’è

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Mostra Cinema di Venezia 2014 - 00di Emilio Campanella

Una lunga carrellata di film, ben quattro!, vi offre oggi questo cronista-inviato residente alla Mostra veneziana: cominciamo con TSILI di Amos Gitai, fuori concorso, un film misterioso, ellittico, tratto da un romanzo di Aharon Appelfeld. Breve e simbolico

Prima titoli di testa in cui una ragazza danza lungamente lacerazioni e macerazioni in uno spazio come di scena vuota; poi le immagini sono quelle di un bosco in cui una fanciulla si è creata una specie di nido, bozzolo, ma ogni tanto è diversa, Tsili si sdoppia, interpretata da due attrici, cerca bacche, sembra disturbata, assente, ripiegata su se stessa, poi arriva un uomo che dice di chiamarsi Marek, intorno a loro deflagrazioni e suoni di guerra, capiamo da frammenti di dialogo che i villaggi sono stati attaccati e gli abitani deportati, l’uomo si allontana per cercare qualcosa per il loro nutrimento, Tsili rimane sola. Mostra Venezia 2014 - 05 Tlili

Dopo un’ora di bellissime immagini dagli echi tarkovskiani, girate magistralmente, un violinista entra in campo, quando l’obiettivo si è alzato a mostrarci un’orizzonte più ampio; dietro di lui molte persone reduci dai campi, con involti, valigie, si guardano intorno, si guardano far loro, si riconoscono, parlano di chi non ce l’ha fatta, non hanno l’aspetto di ex deportati, ma ne interpretano il ruolo come attori di teatro; arrivano al mare, aspettano una nave che li porti in Palestina. Ritorna l’incubo dei rastrellamenti, poi la scena è in un ospedale da campo rigurgitante di feriti e di profughi, ma la scena non è naturalistica, sembra come una performance, un’installazione, azioni si ripetono, parole e frasi, ciclicamente, si ripetono, ritornano, in molte lingue: yiddish, ucraino, polacco, tedesco, russo. Prima dei titoli di coda una sequenza di montaggio di immagini documentarie che testimoniano la vita deglie ebrei del centro Europa, prima dell’avvento del nazismo…credo di aver riconosciuto sequenze viste nelle prime sale dello Yad Vashem di Gerusalemme.

Un lavoro intensissimo, aldilà dell’apparenza algidamente formale delle immagini perfette.

Passo quindi all’Italia, con SHORT SKIN, opera prima di Duccio Chiarini, per BIENNALE COLLEGE CINEMA che ho recuperato grazie alla segnalazione di un collega. Si tratta di un piccolo film fresco ed “ingenuo” che tratta di ragazzi e ragazze, amori che sbocciano e s’incrociano, sesso ed iniziazioni di maschietti problematici… Mostra Venezia 2014 - 07 Short Skin

Qui sta il problema del protagonista affetto da fimosi, problema molto diffuso, riscontrato dal padre quando era bambino e poi negato da lui per timidezza all’avvento della pubertà. Rapporti impossibili, masturbazione dolorosa, e tentativi con i polipi!!! Il chirurgo contattato gli dà buoni consigli, ma esorta all’intervento; il ragazzo ha paura, ma poi si convince; nel frattempo grande crisi coniugale dei genitori.

La decisione viene presa ed il pistolino rimesso a nuovo: sembra che questo “restauro” faccia riavvicinare i coniugi in crisi dato che il “bambino” in ospedale commuove sempre! Bravi e credibili gli attori, buon ritmo, ed aldilà di qualche semplicità, un film godibile ed interessante… Anche questo da mostrare nelle scuole!

Ragazzi, guardatevi e toccatevi, controllate che tutto funzioni bene, le ragazze vanno regolarmente dal ginecologo fin da piccole, con le madri… Esistono gli andrologi, non dimenticatelo!

Dopo le fimosi adolescenziali, passo al Tenero Giacomo. Quello di Mario Martone ne IL GIOVANE FAVOLOSO, in concorso per VENEZIA 71. Lo si potrebbe definire un ritratto affettuoso di Giacomo Leopardi, ma anche un affresco dell’Italia dei primi decenni dell’Ottocento, e continua il discorso iniziato con NOI CREDEVAMO, e successivamente continuato con il bellissimo spettacolo: OPERETTE MORALI. Sarà perché ha il viso di Elio Germano, sarà perché siamo in molti ad averlo amato per la sua vita difficile, per la sua poesia a dir poco emozionante, per il saper giocare con la cultura, nonostante la sua profondissima malinconia, ma ce lo sentiamo vicino, mentre seguiamo la sua formazione sotto la guida del rigido padre Monaldo (Massimo Popolizio, perfetto).

Mostra Venezia 2014 - 06 Il Giovane FavolosoL’ambientazione del film è ineccepibile, tanto per gli interni di palazzi e salotti, quanto per gli esterni: paesaggi di natura oppure urbani, con luci e scorci inediti o che riescono a sembrarlo. E’ un film di ampio respiro, ma anche molto intimo e privato nel modo di raccontarci non solo il protagonista, ma anche chi gli sta attorno, chi lo approva e chi lo contrasta… Giacomo Leopardi è visto come uno spirito libero che paga pesantemente le sue scelte, ma che ha anche il suo riscatto grazie a persone che lo stimano e che lo amano, e riesce perfino  a vivere in luoghi bellissimi che un poco sembrano aiutarlo a sopportare la sua sofferenza… Diventa, durante il film, man mano che si accartoccia sempre più su se stesso, anche man mano più simpatico!

Ci sono episodi magnifici come il primo tentativo di fuga; l’eruzione del Vesuvio, degna di Caffi (ma non solo come citazione, dato che nella pellicola i riferimenti pittorici sono molteplici): c’è Palazzo Donn’Anna a Posillipo, sulla cui spiaggia Giacomo ha un momento di profondo sconforto, uno dei tanti che fanno sgorgare dalla sua anima i versi sublimi che Germano ci porge, in vari momenti, timidamente, appena accennati e pensati guardando il mondo che gli sta attorno, cercando grazie a questo di prendere un respiro più lungo che lo aiuti a reggere il rapporto conflittuale con un corpo sempre più contratto e dolorante; con un mondo talvolta molto ostile, con figure femminili che desidererebbe;  con e contro l’amico Ranieri che lo sostiene, ma che anche costituisce un modello inarrivabile di vitalità e disinvoltura in società.

Grande stima ed onore per un fiore all’occhiello come il poeta, per il proprio salotto, ma lasciandolo escluso da ogni altro rapporto cui potrebbe ambire con una donna: un modo di affrontare un argomento molto spinoso, delicato e doloroso per chi ama un letterato e talvolta non è interessato ai pettegolezzi sul suo conto. Non mancano momenti di esplosione visiva di fantasia, sempre coerenti con l’insieme del film. Una buona colonna sonora che ha i suoi giusti momenti di carica drammatica in un film ” romantico”;  i brani classici sono solo di Rossini, autore amatissimo da Leopardi, e di cui assistette ad alcune prime al S.Carlo di Napoli. La Matilde di Shabran che si vede in una scena è quella stessa del ROF di Pesaro la cui regia aveva curato lo stesso Martone. Uno stuolo di attori anche in camei, come Enzo Moscato, Renato Scarpa, oppure Iaia Forte, la padrona di casa “cattiva”, Sandro Lombardi, il tutore; Franco Graziosi, insinuante, lo zio, e moltissimi altri. Siccome siamo in un momento di discussione di programmi scolastici, siccome Geografia e Storia dell’Arte sono state reintegrate (bontà loro!), non sarebbe male inserire questo film nei materiali didattici consigliati. Va detto in chiusura che i 138 minuti del film volano via!

Chiudo infine, con NOBI di Shinya Tsukamoto, tratto dall’omonimo romanzo di Shoei Ooka ( LA GUERRA DELMostra Venezia 2014 - 08 Shynia Tsukamoto SOLDATO TAMURA, prima edizione Einaudi 1957) direi remake dell’omonimo film di Kon Ichikawa del 1959, in concorso per VENEZIA 71. Ho letto questo romanzo da giovanissimo. Lo sforzo produttivo è stato noteole, coinvolgendo una compagnia teatrale; la fotografia è, al solito, notevolissima, il regista è anche bravo attore, ma il film che parte in maniera interessante con l’atmosfera torrida attraverso il filtro febbrile del protagonista tisico, poi si risolve in una macelleria grandguignolesca assolutamente inutile.

A che cosa serve un altro film “di guerra” che non aggiunge nulla a nulla?

Fortunatamente breve si è beccato molti fischi alla prima proiezione per la stampa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(2 settembre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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