Festival Internazionale del Film di Roma: alzheimer, pallottole e pure la fiera delle ovvietà

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R2_APPR_STILL_005di Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

Still Alice (Usa, 2014) di Richard Glatzer and Wash Westmoreland che firmano anche la sceneggiatura (tratta dall’omonimo romanzo del 2007 di Lisa Genova) è un film completamente inutile che sciorina in maniera elegante e con stile, quel che sappiamo bene già da un pezzo, che l’Alzheimer è una brutta sindrome  che ci distrugge in quel che più ci rende umani: la nostra memoria.
Tranne una scena cinematograficamente impeccabile, quando la protagonista durante lo Jogging quotidiano, si perde nel campus universitario dove  insegna e la mdp carrella intorno all’attrice (Julianne Moore) lasciando tutto il resto fuori fuoco, il resto è un prevedibile scivolare verso l’oblio: quello della protagonista  e quello del film, che ti dimentichi appena fuori dalla sala.

Con tutto il rispetto per chi ha assistito o assiste qualcuno che ama colpito da una malattia che fa scempio ben più osceno di quello che questo film molto borghese e eterosessista mostra e dimostra.

Lulu (Argentina, 2014) di Luis Ortega racconta senza particolare fantasia la vita di un gruppo di personaggi ai margini della vita produttiva con alcuni guizzi di creatività (come quando Luca, il protagonista maschile segue una ragazzlulua neo mamma dalla metro e finisce a casa di lei ad assaggiarne il latte dal seno)  e tanta indifferenza per uno stile narrativo che non sa dare nerbo alcuno ai personaggi che racconta. Lulu, la protagonista, vive con una pallottola in corpo, inoperabile, sparatale da Lucas (che usa la pistola per sparare ai monumenti cittadini e anche per rapinare le farmacie) gingillandosi con una carrozzella che usa senza averne bisogno vivendo in un ricovero di fortuna perché allontanatasi dal padre che le dimostra qualche attenzione di troppo. Tutto già visto, tutto giocato sul filo di un lirismo cinematografico che si vorrebbe avvenisse da solo, facendo il verso alla nouvelle vague o a certo Pasolini (senza dimenticare la scuola neorealista) ma, a differenza loro, Ortega non ha niente da dire…  E quando non si ha niente da dire si fanno film vuoti e inutili,  televisivi nella loro inconsistenza narrativa e dove le donne si spogliano e gli uomini no.
Questa volta a dirigere c’è un maschio.

Verrebbe da dire che dio è morto il cinema è morto e a vedere certi film non ci si sente tanto bene. Invece corriamo al Barberini per l’ultimo film della giornata.

 

 

 

 

 

 

 

(18 ottobre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©alessandro paesano 2014
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