di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
S come sigla (1)
Giunta la suo terzo anno la nuova sigla del Festival continua imperterrita nel suo maschilismo.
Vorrebbe omaggiare il precinema di Maray mostrando una donna nuda, con arco e freccia, che si china e punta in alto la sua arma, ripetuta diverse volte lungo tutto lo schermo, come in una serie di specchi da Luna Park.
Nuda.
Donna.
Solo la donna.
Come dire che la donna nuda vende ancora tutto, anche il cinema. E’ vero che allora, nella seconda metà dell’800, le foto di Maray fecero scalpore proprio per i nudi. Ma erano nudi sia femminili che maschili.
Invece la sigla dal 2012 vede solo una donna, nuda. Si tratta della rielaborazione di un lavoro precedente, che vedeva un video in 3d dedicato a Tyche, la Dea greca della fortuna.
Una immagine del genere, scelta come nuova sigla del festival del Film, non può che infastidire per la sua marginalità e il maschilismo di fondo. Una sigla che, al di là della citazione fotografica – le foto di Maray, che non ha MAI voluto riprodurre il movimento ma scomporlo (anche se al Museo del Cinema di Torino le sue foto sono state animate, compiendo un falso storico e scientifico enorme) – non dice nulla del cinema a differenza della sigla precedente, che vedeva momenti topici del cinema italiano apparire da uno sfondo bianco disegnati da una mano invisibile.
S come sigla (2)
L’anno scorso avevamo criticato tanto la sigla commissionata da Alice nella città a Salvatores che, scrivevamo, non aveva trovato niente di meglio che mostrarci due prospetti architettonici diversi, uno romanizzante e l’altro moderno, per poi raccontarci con poche inquadrature della cotta di un ragazzino – biondo e bellissimo – per la compagna del banco davanti – altrettanto bionda e meno bella – che chiama toccandole una spalla rimanendo deluso dal suo sguardo assente e poco compiaciuto. Poi ecco che la ragazzina disegna una faccina sorridente e la speranza nel ragazzino torna a sorridere.
Cotte paradolescenziali come messaggio per la gioventù rigorosamente etero e con i ruoli di genere classicamente consolidati: queste donne che ci fanno tanto soffrire!
Non sapevamo di doverla rimpiangere.
Lo sponsor di quest’anno è Amnesty cui è stata commissionata la sigla nella quale ci si dimentica del cinema e si fa uno spot blando e senza mordente sui bambini che muoiono nel mondo poverini che ritorna a essere sigla di Alice solamente quando ne ricompare il logo. Prima è uno spottone di Amnesty e basta.
Aridatece Salvatores!!!
I come Inglish
L’inglese degli annunci registrati che avvertono il pubblico in sala, immediatamente prima dell’inizio di ogni proiezione, di spegnere i cellulari hanno una pronuncia alquanto creativa. La voce maschile italianissima che fino all’anno scorso pronunciava turned off (spento) “turnid of” , è stata sostituita quest’anno da una voce femminile che pronuncia “tern(e)d” off vicino alla pronuncia corretta ma ancora non del tutto.
Ah l’inglese questo sconosciuto!
N come Navette
Dalla prima edizione del festival, per tutta la durata del cinema l’Atac mette a disposizione delle navette, piccoli autobus elettrici che a frequenza ravvicinata (cinque minuti nelle ore di punta) ti portavano dall’Auditorium a Barberini (perché lì si svolge la sezione mercato del Festival dove la distribuzione di tutto il mondo viene a vedere i film e decidere quali comprare e quali no) e viceversa. Era una gioia prendere le navette, veloci, agili, frequenti, piccole, ecologiche. Poi negli ultimi anni le frequenze di passaggio si sono fatte più rade finché l’anno scorso son diventate come gli autobus del normale servizio cittadino: inesistenti.
Meno male che c’è il 2, il tram che ti lascia qualche centinaio di metri più lontano (le navette arrivavano praticamente all’imbocco dell’Auditorium sotto la sopraelevata di Corso Francia).
Quest’anno i geni dell’Atac hanno pensato bene di adibire a servizio navetta gli autobus regolari, quelli enormi rossi che Aledanno ha comperato prima di venire punito alle elezioni. Queste… navone passano nominalmente ogni 15 minuti (ora capite perché sono inesistenti?) ci mettono il doppio del tempo delle navette (per portarti a Piazzale Flaminio attraversa due volte il Tevere…) e si sono sostituite anche (almeno così ci è parso) alla linea M che toma toma cacchia cacchia porta il pubblico (quello colto della musica classica e meno colto della musica pop) durante il resto dell’anno fino a Termini.
(19 ottobre 2014)
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