“Chisciotte”, tra maschilismo, maschilità e maschiocentrismo senza erotica #vistipervoi

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Chisciotte 00di Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

La nuova proposta della Compagnia Petrillo Danza trae spunto dai due personaggi picareschi di Cervantes per esplorare il senso dell’esistenza, tutta al maschile, dell’essere umano di oggi.

Un percorso tra performance e danza con momenti più direttamente drammaturgici, recitati con l’ausilio di un microfono che amplifica le voci dei tre danzatori\performer  Nicola Simone Cisternino, Yoris Petrillo e Giacomo Severini.

La proposta etica che Petrillo propone al pubblico durante la visione di questo suo lavoro prende spunto dalle parole che Sancho Panza rivolge a Don Chisciotte in fin di vita: Non muoia, signor padrone, non muoia. accetti il mio consiglio, e viva molti anni, perché la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morir così senza un motivo, senza che nessuno lo ammazzi, sfinito dai dispiaceri e dall’avvilimento…

La ricerca di una (re)sistenza all’ordine delle cose passa attraverso i personaggi di Sancho Panza, Don Chisciotte e Ronzinante riletti e reinterpretati in chiave coreutica dai tre danzatori secondo diversi approcci tematici, estetici e politici (nel senso più vivo di vita nella città) che trovano unità e coerenza nel corpo danzante maschile.

Una maschilità che Petrillo cerca di destrutturare dal suo connaturato maschilismo (maschiocentrismo?) sin dal quadro di apertura quando i tre interpreti danzano in mutande  con una sorta di gorgera al collo che ricorda un tutù.

Gli uomini di Petrillo giocano, si sfidano, entrano in relazione riconoscendosi uguali esigenze e comportamenti, dove l’aspetto giocoso e ilare di alcuni quadri stempera la serietà di certi atteggiamenti maschili, dove il gioco fisico, la competizione, lo schiaffo, l’esclusione (quando due perfomer impediscono al terzo di dire a sua volta io sono Don Chisciotte) diventano subito passi di danza che è il vero collante di allestimento complesso.

Bellissimi alcuni passi a due e a tre nei quali Petrillo riesce, tramite la sua ricerca coreografica, a ridare quella centralità alla danza spesso oggi distratta e subordinata a esigenze di spettacolo o a una drammaturgia che non sostiene il movimento coreutico ma lo rende esornativo per un discorso altrimenti estraneo.

Unico limite di questo affresco delle umane e maschili sorti della contemporanea ribellione al mainstream è lo scarso se non nullo interesse di Petrillo per l’erotica del corpo maschile.
Il corpo maschile come ogni corpo è un corpo desiderante e ogni gesto, ogni presa della danza (dove i tre uomini vengono portati e non solo portano) implica sempre un’estetica del desiderio maschile che la coreografia esplora esclusivamente dal lato ludico dello scherzo, senza affrontare mai seriamente né il desiderio per la donna (Dulcinea compare come improvviso fantasma di donna barbuta) né per il desiderio per l’uomo che, nello spettacolo viene annoverato esclusivamente come boutade, come quando i tre interpreti, il dietro delle  mutande posto tra le natiche come fossero un sospensorio, agitano i loro sederi come gesto irriverente, senza mai prendere in considerazione che tra il pubblico, donne, ma anche uomini, possano trovare quei sederi erotici.
Un desiderio del corpo maschile e per il corpo maschile (non necessariamente omoerotico) che  se si attesta solo come mento parodico delegittima indirettamente il desiderio (omo)erotico non prendndolo in considerazione sul serio.
La mostrazione dei corpi nudi (nello splendido quadro nel quale per coprire le pubenda di Yoris Petrillo, nudo in scena, tutti lui stesso compreso, si prodigano in pose acrobatiche, immortalate da un fermo immagine ilare), la pistola che Sancho Panza mentre indietreggia verso la platea,  il sedere nudo rivolto al pubblico, prende con un gesto evidente dal suo pube per puntarla alla tempia di Don Chisciotte, rimandano a un immaginario collettivo  sul maschile che ignora completamente non già il movimento di liberazione omosessuale ma il femminismo che sull’uomo, sul maschio, ha saputo tanto ben dire.

Questo ci sembra il limite più evidente di uno spettacolo altrimenti intenso e ben congeniato con tre interpreti di formazione diversa che sanno costituire un trio coeso, grazie alla direzione di Petrillo, ponendo in questione una e(ste)tica del corpo maschile che non sa accendersi mancando completamente di erotica.

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