Con Emilio Campanella a Venezia e Milano si veste il classico

Altra Cultura

Condividi

Serial Classic Prada 00di Emilio Campanella

Anche troppo facile il gioco di parole, ma non escluderei che i titoli delle due mostre della Fondazione Prada, di Venezia e Milano, giocassero coi loro titoli per dare una strizzata d’occhio alla moda. Peraltro, le due esposizioni strettamente legate, sono curate da coltissimi studiosi. Parliamo di SERIAL CLASSIC a Milano e PORTABLE CLASSIC a Venezia, nella sede di Ca’Corner della Regina. Di quest’ultima parlerò, sperando di poter vedere, prima o poi , quella milanese.

Il catalogo è unico ed estremamente interessante. La mostra veneziana sarà aperta fino al 13 Settembre ed ha il sottotitolo: DALL’ANTICA GRECIA ALL’EUROPA MODERNA. S’inizia con dieci gessi al piano terra… Hanno l’aria apparentemente polverosa, un po’ desolata e triste, nonostante le loro bellezza, sono copie. L’allestimento “rustico” ce li presenta appena usciti dalle loro casse, con i cartellini fatti come quelli delle spedizioni d’un tempo, ma con tutti i dati, legati con lo spago ad un braccio, una caviglia.Lo SPINARIO ed il TORSO DEL BELVEDERE, lo SCITA CHIAMATO L’ARROTINO, la VENERE DE’MEDICI, il GALATA MORENTE, il FAUNO BARBERINI, il MERCURIO SEDUTO, il MARSIA, sono della gipsoteca romana; il LAOCOONTE proviene da Urbino e l’APOLLO DEL BELVEDERE, da Monaco.

Saliamo le scale sontuose e nel magnifico salone del primo piano nobile ci aspetta l’apoteosi dell’ERCOLE FARNESE: nove rappresentazioni del semidio, in fila, in scala, dal più grande, copia del 2000-2001 (in resina epossidica, polvere di marmo, vetroresina, acciaio, resina acrilica e pigmenti) realizzata dall’Accademia di Belle Arti di Napoli, al più piccolo, del 1800 ca. in porcellana dipinta e dorata, proveniente dal Victoria and Albert Museum di Londra, della Manifattura Ginori di Doccia, con un “muso-simpaticamente-fuor dell’uso”.

Fra i due estremi, si va dal 1500 al 1800. Un praticabile è posto alla fine del “corteo”; ci si può sedere, vi si può salire, giocare con la prospettiva dei colossi visti anche come una galleria di specchi. Alle loro spalle una teca a scomparti trasparenti evoca uno studiolo: ci sono DIOSCURI DI MONTE CAVALLO, una coppia speculare dell’ERCOLE FARNESE (ancora lui!), VENERE DE’ MEDICI, APOLLO DEL BELVEDERE, ANTINOO DEL BELVEDERE, BUSTI DI NERONE, OTTONE, VITELLIO, VESPASIANO. Fusioni in bronzo, del 1559, di Willem Danielszoon van Tetrode, da Firenze (Uffizi e Bargello). Di seguito, l’amore per l’antico mostrato nelle tele di Lotto, Passerotti, Bernardino Licinio, Paolo Pino, accanto a sculture come quelle rappresentate nelle tele. Il desiderio di possedere un’opera d’arte di dimensioni domestiche, così diffusa anche oggi nell’arte contemporanea con multipli di noti scultori, in dimensioni da salotto.

Per gli antichi erano anche potentissime divinità come Venere, rappresentata nelle pose più eleganti e seducenti, ma anche Mercurio, Ercole, presentissimo qui e molto amato, ritratto come ERCOLE EBBRO in un bronzo del II sec. d.C. dal Museo Archeologico Nazionale di Parma, e che riprende il tema di quello marmoreo ercolanense; non ultimo lo sfortunato Marsia. Lo stesso Marsia sarà un soggetto frequentatissimo nel Rinascimento come MARSIA (COSIDDETTO”IGNUDO DELLA PAURA”).

I monumenti romani, le tematiche della statuaria, ma anche archi e colonne famose in riproduzioni rese con materiali preziosi. Altro tema di grande successo è LAOCOONTE e se ne possono vedere sei, da Sansovino a metà Ottocento. In chiusura, la sesta sezione con riproduzioni tecnicamente raffinatissime di cui mi basta citare l’ARROTINO di Gaspero Bruschi, del 1745-1747 circa; porcellana verniciata, Sesto Fiorentino, Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia, lavoro elegantissimo di grandi dimensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(8 maggio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©gaiaitalia.com 2015 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

Pubblicità