L’arte vista da Emilio Campanella: la vocazione teatrale della Biennale

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Biennale Venezia 2015 - 00di Emilio Campanella

Da qualunque punto s’inizi la visita alla 56a Mostra Internazionale d’Arte, curata da Okwui Enwezor, qui si giunge e ci si rende conto di come veramente sia il punto di partenza di tutto il discorso e dei percorsi espositivi di quest’anno. Il vero filtro atraverso cui far passare ogni suggestione, ogni provocazione, se vogliamo, e ben vengano! ogni atto e non solo i gesti degli artisti coinvolti. Questa è solo una prima nota relativa alle impressioni ricevute qualche giorno fa – quando sono giunto all’ARENA (firmata dall’architetto ghanese-britannico David Adiayé) in cui verrà letto DAS KAPITAL di Karl Marx (in inglese, però…) e di testi ad esso collegati come proiezioni di film e partecipazioni di attori e compagnie teatrali, oltreché persone”comuni” continuativamente, come in un oratorio laico ad una voce  per le altre impressioni avrò tempo fino al 22 Novembre prossimo.

Il leggio cui si avvicendano i lettori è uno, ma accanto, sull’ampio palco, ad un lungo tavolo ci diversi posti a sedere; intorno tre gradinate per il pubblico… Un vero e proprio bellissimo teatro allestito con cura, con luci perfette, come sanno fare le maestranze della Biennale, che ci hanno abituato da molti anni all’alta qualità del loro lavoro, in tante stagioni di festival di musica, di teatro, di danza. Il titolo di quest’anno è: ALL THE WORLD’S FUTURES. Una scommessa, una speranza, un progetto?, affidato collettivamente all’insieme dei numerosissimi artisti coinvolti, dato che questo non è il migliore dei mondi possibili!

Forse conviene guardarsi indietro per comprendere il moltissimo che non ha funzionato e non funziona, sulla pelle di molti ed a vantaggio di pochissimi; quindi il lavoro, lo sfruttamento, il dolore, la sofferenza, le guerre per far prosperare un’esigua minoranza, a detrimento di popolazioni intere.

Una Biennale da vedere e rivedere, pensare e ripensare, con colpi di scena e “colpi bassi” maieutici che mandano a casa cogitabondi. Alla fine di ogni storico spettacolo del Living gli attori scendevano in sala, si sparpagliavano fra il pubblico e ponevano diversi tipi di domanda come ad esempio: CHE COSA POSSIAMO FARE? Già, bella domanda! Orwezor fa un po’ lo stesso, attraverso il coro di voci che ha coinvolto, alcune delle quali lanciano grida acutissime!

 

 

 

 

 

 

 

 

(11 maggio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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