Vivian Maier fino al 18 ottobre al Man di Nuoro

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Vivian Maierdi Giorgia Trinelli

 

Fino al 18 ottobre al Man di Nuoro, primo museo italiano a regalarle una mostra personale composta da 120 foto, filmati e una serie inedita di provini, è esposta la fotografa Vivian Maier in un’esposizione che racconta i suoi 50 anno di attività, rimasti a lungo, troppo a lungo, nascosti in un baule.

Nata a New York il 1 febbraio 1926 (muore a Chicago il 21 aprile 2009) viene scoperta meno di dieci anni fa da un giornalista americano, tale John Maloof che, volendo scrivere un libro su Chicago, decise di comprare a un’asta un baule solo perché appartenuto a una donna appassionata di fotografia. Al suo interno scopre centinaia di negativi e decine di rullini ancora da sviluppare.

Indagando poi nella vita della donna, venne a sapere che la signora Maier aveva lavorato per anni come bambinaia.
Qualche tempo fa SkyArte, con uno speciale, descrive una bambinaia pare autoritaria e dispotica che si dimenticava spesso dei bambini, lasciandoli incustoditi, “quando la voce delll’ispirazione fotografica la chiamava”.

La maggior parte delle sue opere, in bianco e nero, che realizza utilizzando una macchina fotografica Rolleiflex e un apparecchio Leica lllc, sono foto di strada, scorci di vita, momenti di quotidianità, di fragilità e di abitudini. Non mancano gli autoritratti caratterizzati dalla sfuggente espressione della fotografa che non guarda mai l’obbiettivo, utilizzando, come superficie riflettente, vetrine di negozi, o specchi.

Paragonata per la sorte delle sue opere a Emily Dickinson, per la poesia con cui le sue immagini vengono descritte, per la scelta di un bianco e nero che poeticamente, con la malinconia che contraddistingue questo genere letterario, accompagna la vita che si svolge nelle foto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(16 luglio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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