di E.T. twitter@iiiiiTiiiii
Leggere letteratura italiana in Italiano, soprattutto quella “nuova”, mi dà sempre l’impressione di essere sotto una fastidiosa “dittatura degli editor”, che una volta si chiamavano correttori di bozze, che i libri abbiano più o meno tutti la stessa “scansione ritmica” per dirla male, poche fughe, poche improvvisazioni. Che siano vestiti un po’ tutti nello stesso modo.
“L’ultima volta che ho avuto sedici anni”, pur essendo evidentemente passato dalle mani di un editor, ha una sua vita ed un suo ritmo. Ha soprattutto una sua storia, narrata – è il vero miracolo – per il gusto di scriverla, senza furiose fughe di ego, senza dover dimostrare di essere bravi, colti, intelligenti, o dio.
Un paese non meglio identificato, tre bulli minorenni disperati rovinano la vita agli altri (e a loro stessi), ma soprattutto se la prendono con due persone: Giovanni, 16enne obeso e Bambi, 16enne omosessuale. E’ Giovanni stesso a raccontare al lettore la vicenda, vivendola “dal di fuori”, dal “dopo” la sua scomparsa. Droga, alcool, ogni tipo di sballo ed abuso uniti all’ipocrisia ed alla squallida impotenza dei suoi protagonisti, popolano questa bella storia che si legge d’un fiato, scritta con l’empatia di un autore che scrive per amore, oseremmo dire, e che – a parte un paio di momenti in cui il libro sembra girare su se stesso – tratteggia il nulla sul quale l’esistenza di chi pretende viverla stupendamente, indimenticabilmente, straordinariamente, si basa.
Il libro non dice niente di nuovo, ma fotografa la realtà dal punto di vista della cieca ferocia a cui possono portare l’incoscienza dell’adolescenza e l’indifferenza dell’incoscienza. Una ferocia così profonda nella sua inutilità che fa star male. Da leggere. Baldini & Castoldi.
(22 ottobre 2015)
©gaiaitalia.com 2015 – diritti riservati, riproduzione vietata