di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
Ma (diminutivo di mamma) vive con Jack, che ha appena compiuto 5 anni, in una piccola stanza, dove il lavandino è vicino al water e all’armadio che il piccolo usa come letto. Vecchio Jack lo tiene recluso con lei, mentre Jack fantastica di alieni e spazio esterno che circonda la stanza.
Quando Vecchio Jack (che viene regolarmente a visitare Ma oltre che per portarle il cibo per andare a letto con lei) le racconta di avere perso il lavoro e che i soldi scarseggiano, al primo black out che la lascia al freddo decide di scappare da quel posto.
Room (Irlanda\Canada, 2015) di Lenny Abrahamson tratto dall’omonimo bestseller del 2010 di Emma Donoghue (dove il racconto in prima persona è fatto da Jack) risente delle sue origini letterarie.
Tutto quel che è plausibile in un romanzo non lo è altrettanto per un film la cui veridicità ha degli standard più alti.
Nessuna vive sette anni in una stanza di pochi metri quadri mantenendo la tonicità muscolare della protagonista del film; i servizi sociali e psichiatrici lasciano troppo presto madre e figlio al privato delle loro vite senza controllare verificare e monitorare.
Però il film sa farsi vedere non è mai retorico e si avvale di un cast d’eccezione e di una regia che sa far dimenticare certe incongruenze di una sceneggiatura la cui verosimiglianza non è sempre all’altezza.
(18 ottobre 2015)
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