di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
L come Line.
Line, sostantivo inglese, significa fila.
Quella che alla seconda proiezione del primo giorno di festa colleghi e colleghe hanno belluinamente saltato.
Belluinamente, vale a dire come le bestie.
Primo giorno di proiezioni.
Arrivo agli ascensori dai quali si può accedere alla sala Petrassi.
Ancora non possiamo salire.
Prima di me c’è un ragazzo su di una sedia a rotelle, di quelle elettriche, con le ruote di gomma, piccole.
Mi accodo dietro di lui. Passano i minuti e la fila si ingrossa, tutti si mettono a fianco del ragazzo e quando ci fanno entrare gli passano avanti, tutti e tutte.
Una prima decina di persone entra nel solo dei due ascensori in funzione.
Mentre il secondo gruppo aspetta il suo turno tutti e tutte ignorano il ragazzo che rimane a lato, al mio fianco, senza fiatare, aspettando il suo turno, anche se era il primo della fila, ma essendo ingombrato dalla sedia, meno scaltro delle altre persone a passare avanti.
Improvvisamente dico ad alta voce, Comunque lui era prima di noi tutti e, come se tutti e tutte non stessero aspettando altro mi rispondono, a turno, ma certo… ora lo facciamo passare… non c’è probelma… ci mancherebbe…, come i bambini che hanno appena rubato un vasetto di nutella e sanno che dovranno restituirlo.
Lo avevamo visto, si giustifica un signore barbuto, ma pensavamo entrasse per un altro ingresso.
E cosa avete pensato quando invece lo avete visto qui? gli chiedo.
Una signora si stizzisce e mi dice, oddio glielo abbiamo detto, lo facciamo passare, non c’è bisogno di essere polemici con quella prosopopea di chi magnanimamente ti fa una concessione e non sta rispettando una regola generale.
Il ragazzo non deve passare prima perché è storpio come pensano loro, ma semplicemente perché era in fila prima di loro.
Ma che faccia tosta le rispondo. Lei è in torto e accusa me di fare polemica? Si dovrebbe vergognare. ITALIANA! ITALIANI! Vergognatevi, tutti e tutte mi rivolgo loro, che vigliacchi e vigliacche come solo fascisti e fasciste sanno fare, forti con deboli e deboli coi forti, abbassano gli occhi, si fanno di lato, lasciano entrare il ragazzo sulla sedia a rotelle, che gongola e ride sotto i baffi (che non ha) e poi entrano nell’ascensore a loro volta, la coda tra le gambe, mentre io aspetto un terzo ascensore.
(18 maggio 2015)
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