Dopo che il nostro Emilio Campanella ne ha descritto l’anteprima qui, noi torniamo a Ferrara, Palazzo Diamanti, che celebra la pittura metafisica con il nome più ridondante della storia dell’arte, con colui che “è la metafisica”.
La Metafisica vuole staccarsi dalla vita. Nei quadri metafisici ogni forma di vita viene pietrificata per potere superare il tempo. Anche l’uomo si irrigidisce fino a celebrarsi manichino. Giorgio de Chirico, è a Ferrara fino al 28 febbraio 2016 con le opere del periodo bellico. Biscotti, manichini, quadri nei quadri, una produzione che vuole testimoniare una fase pittorica dell’artista capace di influenzare le avanguardie italiane grazie ad un linguaggio totalmente nuovo.
Mostra che racconta i tre anni tra il 1915 e il 1918 che cerca di fare capire come in questo periodo la pittura di De Chirico si evolve e si trasforma. Le architetture emotivamente distanti delle piazze italiane, lasciano spazio a dipinti con minuziosità iperrealista, al cui centro della scena ci sono oggetti di uso comune. La follia umana, l’inquietudine dell’individuo sono raccontate da un nuovo linguaggio, un linguaggio semplice che utilizza cose quotidiane assemblate e descritte nel caos tipico delle apparenti razionalità, linguaggio che fa uso di colori accesi in una pittura, quella di De Chirico, che influenzerà nei suoi pieni e nei suoi vuoti molti degli artisti che verranno poi: Man Ray, Dalì, Magritte, Carrà.
Carrà resta folgorato dall’arte di De Chirico al punto da seguirne i dettami, allontanarsene e discuterla al punto da eliminarla totalmente. Quello stesso Carrà che influenzerà Morandi per porre le basi per il realismo magico.
Nel percorso della mostra si possono vedere anche i manichini del 1918 nella versione originale.
Manichini con messaggi profondi sul ruolo dell’arte contro la follia distruttiva dell’uomo.
Le opere mostrano il non senso in cui viviamo, mostrano il dubbio sul perchè delle cose, la pittura di De Chirico vuole farci riflettere su quello che siamo e che diciamo.
(23 novembre 2015)
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