di Fabio Galli
Aprire “Divenire rivoluzionari.e. Gilles Deleuze, Félix Guattari e noi” significa immergersi in un’esperienza più che in una lettura. Il libro di Roberto Ciccarelli non offre scorci neutri o distaccati: ogni parola, ogni punteggiatura è scelta come gesto politico, un invito a partecipare. Non si tratta di assumere un’identità, ma di lasciarsi attraversare da un processo: il divenire, nel senso più pieno e deleuziano del termine, diventa condizione stessa della vita politica. Non si entra in questo testo per leggere, ma per attraversarlo, per sentirne il ritmo e le vibrazioni.
Il titolo, con la sua sintassi insolita e quella “e” sospesa, è già manifesto. Non è solo linguaggio, è postura. La scrittura “rivoluzionari.e” incrina la lingua e la filosofia stessa, rifiutando la rigidità dei generi e delle categorie fisse. Qui, l’inclusione non è una concessione formale: è pratica politica, è apertura al movimento e alla differenza. Il titolo è così non un punto di arrivo, ma una soglia che invita a entrare nel flusso, a diventare partecipi del divenire che anima il testo.
Questo stesso impulso attraversa l’intero libro. Ciccarelli non vuole fissare significati, ma generarli; non costruire certezze, ma praticare l’impermanenza. La scrittura diventa campo di sperimentazione, danza concettuale, corpo in movimento che si rifiuta di confinarsi nella forma chiusa del saggio tradizionale. Ogni pagina è attraversata da tensioni, contaminazioni e aperture, e il lettore è chiamato a seguirne il ritmo, a percepirne la fisicità e la resistenza.
La pubblicazione nel 2025 non è un dettaglio secondario. Segna il centenario della nascita di Gilles Deleuze e il trentennale della sua morte: anniversari che avrebbero potuto ridurre il pensiero a commemorazione. Ciccarelli, invece, sceglie la strada più ardua: sottrarsi alla celebrazione, evitare l’iconizzazione, rifiutare la patina museale. Non scrive un libro “su” Deleuze e Guattari, ma “con” loro: una differenza cruciale che trasforma il leggere in compagnia, il pensare in viaggio condiviso. Il risultato è un’opera che non rientra nella storia delle idee, ma nella filosofia attiva, nel pensiero che si prolunga, si sperimenta, si lascia attraversare.
“Divenire rivoluzionari.e” è allora più di un testo: è una pratica, un invito, un corpo concettuale che pulsa. È il segno che il pensiero non è mai finito, che ogni lettura può essere un inizio, e che la rivoluzione, prima ancora di essere un progetto politico, è uno stato di attenzione, di disponibilità al cambiamento e alla metamorfosi.
(26 ottobre 2025)
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