di Giorgia Trinelli
Il 29 luglio del 1890 moriva tristemente, per propria mano e dopo due giorni di agonia, Vincent Van Gogh. Anonimo, solo.
Il fratello Theo, chiamato al suo capezzale, regalò tutte le tele presenti nella stanza di Vincent. Le regalò, non sapeva che farsene. Essendo gallerista sapeva che era troppo presto, sapeva che nessuno avrebbe compreso. Solo dopo anni, viene riconosciuta la sua arte e esaltato il suo genio.
Turbini di colore, pennellate che si rincorrono, colori che si nascondono per poi tornare. Paesaggi, autoritratti, fiori. Composizioni di pennellate che si rincorrono, e nella loro corsa danno vita al soggetto. Come quando si fissa per molto tempo un soggetto, si ha la sensazione che inizi a muoversi, o quando si corre in auto o in bicicletta, il turbinio del vento che tutto muove. Questa doveva essere la reale percezione della mente di Vincent.
Questo è Van Gogh: movimento, movimento percepito poi illustrato ; quello stesso movimento ricercato anni dopo dai futuristi. Osservando i suoi quadri si percepisce movimento, energia non delirio. Si sente il silenzio che c’è attorno, vita non morte, il turbinio delle idee della follia (dice qualcuno), o forse solo il disagio profondo della solitudine, della non comprensione.
Solitudine che cresce, cercando conforto nell’assenzio che sconvolge la sua mente rendendolo paranoico, la solitudine che lo rende paranoico. Molti, quasi tutti gli artisti si riunivano a formare movimenti, avanguardie. Erano uniti nel pensiero, nelle volontà, nella scelta di stili, modi e tempi. Lui era solo, aveva invitato alcuni artisti a unirsi a lui, ma le sue corrispondenze erano rimaste disattese.
Van Gogh era solo, era unico nella sua arte, unico nelle sue verità.
In molti lo hanno definito matto ma, spesso “matto” è solo colui che ha il coraggio della verità, è colui che vede, sente, percepisce e dice la realtà, vivendola, senza cambiarne il finale. Tanti gli autoritratti al suo attivo, tante le fotografie artistiche in cui Van Gogh racconta di Vincent, senza filtri. Occhi attenti, velati, torbidi, profondi, l’inconfondibile barba arancione, il viso scavato, la benda che non nasconde il taglio del lobo.
Tanti gli autoritratti in cui sempre si racconta con onestà, abbassando ogni barriera, pochi gli artisti che hanno avuto questo coraggio. Vincent coraggioso, dice sempre la verità, quella che riguarda se stesso ema anche quella nascosta delle povere genti, dei pelatori di patate con le mani massacrate dal lavoro e i volti segnati dalla fame.
La verità unica, la sua, la verità di Vincent.
La pittura unica di Vincent.
La scelta dei colori, i colori del sole, energica la pennellata di Vincent, la sua maniera.
Il pittore ancora più quotato, il prezzo dei suoi quadri schizza ogni volta si pronuncia il suo nome.
I denari di Van Gogh e di chi per lui ne gode, senza forse avere mai capito e amato Vincent.
(29 luglio 2016)
©gaiaitalia.com 2016 – diritti riservati, riproduzione vietata