#Venezia73, “Jackie” di Pablo Larrain in concorso

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venezia-73-07-jackie-natalie-portmandi Emilio Campanella

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uno strano prodotto, questo di Pablo Larrain, fra biopic, e non lo è, e videoinstallazione, e non è nemmeno questo, intorno ad una delle donne più enigmatiche del novecento: Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis. Abilmente concepito, nel calibrato tempo di novantuno minuti, attraverso una costruzione con una cornice: un’intervista reticente a tratti e confidenziale in altri, poco tempo dopo la tragedia di Dallas. Il piano narrativo si complica con l’inframezzare di spezzoni ricostruiti di un documentario in cui la First Lady mostrava le modifiche apportate alla Casa Bianca. Montato, ovviamente, con flashbacks dell’assassinio del presidente, dei minuti immediatamente successivi, e poi delle situazioni politico-diplomatico- cerimoniali che si susseguirono. Ricordo tutte quelle immagini, avevo dieci anni, e rimasi molto colpito. L’accuratissima ricostruzione mi ha fatto riconoscere, ritrovare le espressioni, gli abiti, gli atteggiamenti, i volti… Sono altri volti, certo, ma le atmosfere sono colte con grande precisione, si è studiato con molto approfondimento ogni dettaglio. Basti confrontare le foto originali con quelle del film, ma non ho avuto l’impressione di un lavoro decorativo e didascalico, quanto di una ricostruzione come se ne vedono talvolta in videoinstallazioni di artisti di valore. Intensissima Natalie Portman, in ogni momento, controllatissima, e fredda in apparenza, appunto… Tanto le immagini del ricostruito documentario, quanto la lunga sequenza della prima notte di vedovanza, che la vede cambiarsi d’abito, truccarsi, trasformarsi, bere, prendere farmaci, evocare ricordi da una mise all’altra, cercare di capire, decidere di studiare Lincoln, non a caso, e citare altri presidenti.

Le uniche immagini di repertorio arrivano attraverso i televisori. Tutto il mondo seppe velocemente quello che era accaduto. Poco dopo venne assassinato anche Lee Oswald, e successivamente anche il suo uccisore; intanto noi seguiamo la preparazione dei funerali di stato, abbiamo appena assistito all’entusiasmo mal celato di Johnson cui Kennedy lasciò la sanguinosa eredità del Vietnam. Quello che mi ha colpito maggiormente, in questo primo film di Larrain fuori dal suo paese, è l’accuratezza della ricostruzione dei rituali dell’ufficialità, una cifra veramente sua, anche nelle opere precedenti, pur in contesti diversissimi. I riti sociali, quali che siano, sembrano costruire le persone. Un film veramente molto interessante.

 

 

 

 

 

 

(8 settembre 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

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