Due Palazzi sul Canalgrande: l’Arte vista da Emilio Campanella

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Poco lontano dalla chiesa di S. Stae, sullo stesso lato del canale, si trova Ca’ Pesaro, magnifico edificio progettato da Baldassarre Longhena, ticinese che molto lavorò a Venezia, firmando capolavori architettonici, (come tutti sanno, la Basilica di S.Maria della Salute, e moltissimo altro). Qui ha sede la Galleria Internazionale di Arte Moderna, al primo piano nobile; al secondo piano nobile vengono ospitate le esposizioni temporanee, ed all’ultimo piano si trova il Museo d’Arte Orientale (Nazionale) nella sua sede provvisoria da ormai moltissimi decenni.

In questo momento, al secondo piano nobile si può visitare: La donna che legge (fino all’8 gennaio) un’interessantissima, e per certi versi, sorprendente, esposizione dedicata alla biblioteca di Gabrielle (Coco) Chanel, faro del gusto femminile per molti anni, e riconosciuto arbiter elegantiarum. Creatrice, innovatrice, inventrice della donna moderna. Ma Madame Gabrielle aveva anche una biblioteca vasta e raffinatissima, amici letterati, pittori, filosofi, scriveva i suoi pensieri per sé e ne parlava con i suoi amici più intimi; aveva i suoi miti, i suoi punti fermi morali, e la sue ben precise idee sul posto della donna nella società. Il percorso espositivo si snoda lungo sette sale tematiche, l’ultima delle quali, molto ampia. E’ affollatissima di volumi, molto spesso prime edizioni dedicate dagli autori, incisoni, disegni, oggetti antichi e creazioni della stilista, pezzi della sua collezione personale, come prestiti da grandi musei, per accompagnare i temi delle sezioni. Consiglio caldamente l’audioguida, siccome la mostra è molto densa, per evitare di perdere di vista pezzi importanti ed anche per comprendere il senso della “narrazione”.

Culture Chanel, che segue il suo progetto culturale in molti spazi espositivi, qui, ovviamente, in collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia, ed il palazzo che ospita, ha proposto un tipo speciale di punto di vista della personalità di Gabrielle Chanel.

L’allesimento è accuratissimo, le teche hanno un’ottima visibilità e l’illuminazione è perfetta al loro interno, nella penombra circostante. Non manca certamente, la moda, ma come sullo sfondo, come qualcosa che sappiamo benissimo, lasciando in primo piano l’argomento scelto. Certo ci sono le boccette del “Numero 5” mitico, ma anche altri numeri, ci sono gioielli creati negli anni trenta, accanto alla loro ispirazione antica, ci sono i bei modelli creati da Karl Lagerfeld, anche recentissimamente, per la maison. Ci sono foto intime della nostra protagonista, i molti disegni di Picasso a lei dedicati e pure: La donna che legge, 1953, dal Museo Picasso di Parigi; disegni di Bourdelle per Nijinski, bozzetti di costumi del Sacre di Stravinski, un bel disegno della Gontcharova, e tanti anche bellissimi di Cocteau; accanto ai tragici greci, l’Oedipus rex di Cocteau, appunto, ed un suo magnifico “disegnino” dedicato a Giocasta; una foto di Jean Marais in Orfeo. C’è anche Proust, ovviamente, ma Les Plaisirs et les jours, Pastiches et Mélanges, e della Recherche solo Sodome et Gomorre, in tre volumi, del ’22!

Cito a Caso, ma la ricchezza e l’intelligenza delle scelte di accostare volumi ed oggetti come mosaici da Torcello e vasi greci antichi è ammirevole. Una mostra, possibilmente, da non perdere.

In omaggio la guida all’esposizione, che porta tutti gli oggetti, l’elenco completo dei volumi, con dati esaurienti e piccole foto per copertine importanti, disegni, incisioni ed altro. Pare che non sia ancora disponibile il catalogo. Ci auguriamo che lo sia presto.

 

Un po’ più avanti, sull’altro lato del canale: Il Fontego dei Tedeschi, edificio imponente ricostruito nel 1505-1508, a seguito di un incendio, e già esistente dal XIII sec. Era il “quartier generale” dei commercianti tedeschi in città, grande e non bellissimo, ebbe decorazioni pittoriche esterne, firmate da Giorgione e Tiziano, andate perdute, a parte un frammento esposto alle Gallerie dell’Accademia. Nel 1937 venne effettuata un’orrenda copertura tuttora esistente, quando già da molto tempo aveva perduto le torrette eliminate nel XIX sec. Fu a lungo sede provinciale delle Poste [sic]. Poi ebbe varie vicissitudini di compra vendita sino all’attuale passaggio di mano ad una multinazionale (DFS) che diede il progetto di ristrutturazione in mano a Rem Koolhaas – molte polemiche e molte proteste – fino al ritiro della firma dell’archistar che non pare aver accettato la realizzazione del”restauro”.

Nel frattempo siamo arrivati all’ottobre 1916 ed all’inaugurazione e successiva apertura al pubblico di un palazzone Grandi Firme, peraltro questo non tradisce la sua storia originaria, ma la realizzazione, l’uso dei materiali, i colori soprattutto si. Un insieme pacchiano, volgarotto e molto pretenzioso… Nemmeno kitsch, magari, almeno potrebbe essere divertente, invece, no, è tronfio e poco simpatico. Per fortuna ci sono molte finestre, e quello che si vede aldilà è molto bello.

Nel sottotetto, che dovrebbe essere un salone per eventi, un’installazione di Fabrizio Plessi (Under Water) fatta un po’ con la mano sinistra, e lo dice uno che apprezza molto, di solito, questo artista. Ci si può consolare con la vista dalla terrazza: un’altana un po’ più grande del normale, da cui si gode una magnifico panorama sui tetti e sul Canal Grande nelle due direzioni, al di qual ed al di là del Ponte di Rialto, e sull’elegantissimo, quello sì, appena restaurato Palazzo dei Camerlenghi (1525-1528).

Peraltro è una bella vista che si gode da molti palazzi della città. Non sono riuscito a capire se l’antica vera da pozzo ch’era al centro del cortile coperto del palazzo, sia rimasta sepolta sotto un praticabile moquettato nero con composizioni di fiori al centro e dentro un quadrato di marmo cui ci si può appoggiare… Per fare il punto della situazione, visto che non ci si siede da nessuna parte, tolto negli spazi commerciali, per motivi di prova, oppure se sia stata eliminata!

 

 

 

 

 

(10 ottobre 2016)

 

 

 

 

 

 

 

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