di Emilio Campanella
LUDOVICO ARIOSTO, UN IDEALE TERZO ATTO? Sembrerebbe di si, parrebbe proprio l’ideale continuazione di Pietro Bembo ed Aldo Manuzio, la bella mostra curata anche questa, con l’acume che gli conosciamo, da Guido Beltramini, insieme con Adolfo Tura, dedicata ai cinquecento anni dalla pubblicazione dell’Orlando Furioso, edito a Ferrara il 22 aprile 1516.
La ricognizione degli studiosi s’intitola: Orlando Furioso 500 anni, cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, a Palazzo dei Diamanti di Ferrara fino all’8 gennaio 2017. Dodici sale, dodici capitoli, dodici sezioni che giocano sulla fantasia e sulla fascinazione, sull’invenzione ed il riferimento colto, sempre. Siccome era chiaro dall’inizio che il catalogo non sarebbe stato fornito alla stampa, mi sono lasciato tentare dall’audioguida, per entrare un po’ meglio, da subito, nello spirito dei curatori. Ho fatto bene, perché la voce amichevole di Guido Bergamini accompagna di sala in sala con sintetica capacità di mantenere continuamente vivo l’interesse illustrando esaurientemente ogni pezzo esposto, e sono oltre ottanta, fra volumi, tele, sculture, disegni, tavole, arazzi, oggetti, marmi, bronzi. In penombra, con luci sapienti, vetrine di design, il gioco della fantasia ha inizio con il libro aperto del poema prima di Ariosto: Innamoramento de Orlando di Matteo Maria Boiardo, Venezia, Piero de’ Piasi, 19 febbraio 1486, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana. Così come prima di Ariosto è San Giorgio e il Drago di Paolo Uccello del 1440, dal Musée Jaquemart-André, Institut de France di Parigi. Esposto perché i personaggi di questa storia hanno dei ruoli tipici dei poemi cavallereschi. Nella sala quattro: Lacelot du Lac, Parigi, Antoine Vérard, 30 aprile 1494, membranaceo,Vienna Osterreichiche Nationalbibliothek, Sammlung von Handschriften und alten Druken. Nella seconda sala, un grande arazzo con La Battaglia di Roncisvalle, 1475/1500, Londra, Victoria and Albert Museum, e siamo nel pieno del fragore della battaglia, siamo attorniati da armi magnifiche, da bassorilievi, disegni incisioni che riportano affollatissime scene di battaglia.
Si procede analizzando la struttura del poema ariostesco, ci si ritrova a corte, le molte corti italiane ed i loro legami, intanto incontriamo capolavori che vanno da Botticelli a Raffaello, da Giorgione a Pisanello, da Piero di Cosimo a Michelangelo da Mantegna a Cosmé Tura, da Ercole De Roberti, a Dosso Dossi. Certo, la “officina ferrarese” la fa da padrona. Ed è anche logico. Ma non manca neppure Tiziano,il cui Baccanale degli Andrii, 1522-24, Madrid, Prado, creato per la corte estense, non fu esposto neppure alla grande mostra veneziana del 1990, e torna a Ferrara dopo alcuni secoli. Nulla è casuale in questa esposizione che gioca con la fantasia; neppure il Globo dell’Obelisco Vaticano, bronzo dorato, diametro cm 80,5, Roma, Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori. Impallinato dai lanzichenecchi durante il sacco di Roma, fa da evocazione della luna e del viaggio di Astolfo…
Ma di archibugi si parla nelle ultime sale, dell’aggiornarsi di Ariosto ed il suo reagire alle nuove armi da fuoco. Nell’ultima, dodicesima sala, un grande arazzo con la battaglia di Pavia e la sconfitta di Francesco I (Manifattura Fiamminga, 1528-1531, Napoli, Museo di Capodimonte)… Accanto la sua spada recuperata da Gioacchino Murat e conservata da Napoleone I. In chiusura di percorso, una copia del poema di Cervantes, dalla British Library.
Una manifestazione importante e molto caldamente consigliabile.
Poi ho fatto un secondo giro, con molta calma, e mi sono convinto che il bel catalogo edito da Ferrara Arte, sarebbe valso il prezzo del tagliando consegnatoci, che lo avrebbe proposta al cinquanta per cento di quello di copertina, solo che la comunicazione essendo estremamente e colpevolmente imprecisa, non fa riferimento al prezzo in mostra, che è di 28 euro, e quindi di 14, con lo sconto supposto, ma, inspiegabilmente, al prezzo in libreria, dove ancora non è presente (Emilio Campanella ha visto la mostra il 24 settembre 2016, ndr), e che corrisponde a 45 euro, che scontati diventano 22,50. Trovo molto scorretta e maldestra questa prassi, imparino i signori di Ferrara Arte a fare comunicazione, imparino da altri enti di ben altra e ben più antica esperienza, i cui sconti sono realmente corrispondenti ai prezzi, imparino anche ad organizzare delle sale stampa per la consultazione dei cataloghi, e dove i giornalisti possano scrivere in loco, e magari anche con terminali e connessione wi fi, come ormai si fa ovunque, anche nel bar all’angolo! Sarà anche molto nel loro interesse, e ricordino che un catalogo non è un capriccio, ma uno strumento di lavoro per evitare di scrivere corbellerie; la maggior parte fa questo lavoro per l’amore della cultura, e sappiano che molti non scriveranno per principio… Io no, scrivo perché ritengo ciò che ho visto meritevole e per la grande stima nei confronti dei curatori, nonostante quella bassissima, ora, per Ferrara Arte. Spiecae doverlo dire dopo tanti anni di rapporti e collaborazione.
(27 ottobre 2016)
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