Tiziano al Candiani di Mestre: l’Arte vista da Emilio Campanella

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di Redazione

 

 

 

 

 

Corto Circuito parte seconda: Attorno a Tiziano, L’Annuncio e la luce, verso il Contemporaneo, Garofalo, Canova, Fontana, Flavin. Il 13 aprile è stata presentata la nuova mostra che si potrà visitare al Centro Culturale Candiani di Mestre, sino al 2 luglioprossimo. Il notevole ritardo dell’inizio della conferenza stampa, è stato riscattato dall’agilità degli interventi e dall’atmosfera di rilassata cordialità che ha contagiato tutti i presenti. L’operazione espositiva risulta più ambiziosa della precedente, anche per le istituzioni coinvolte, quindi non solo il Centro Candiani che ospita ed i Musei Civici Veneziani, ma la Scuola Grande dell’Arciconfraternita di S.Rocco, La Fondazione Giorgio Cini, la Gipsoteca di Possagno, la Fondazione Lucio Fontana.

L’impressione a caldo è che la piccola magia della prima mostra non si sia rinnovata. Sappiamo tutti che opere importanti non fanno necessariamente una mostra riuscita. Bisogna ammettere poi che l’allestimento sobrio, nuovamente firmato da Pier Luigi Pizzi lascia alcune perplessità, peraltro dovute all’infelicità dello spazio, si pensi che la pala di Benedetto Tisi, Garogalo, magnificamente restaurata e mai esposta  a Palazzo Cini, risulta leggermente scentrata, posta in fondo al corridoio che dovrebbe valorizzarla, a causa delle dimensioni. Meno infelice la situazione del Tiziano che si è, però dovuto scegliere di esporre senza cornice, per lo stesso tipo di difficoltà. Ma questi sono problemi meno gravi della sensazione che ho colto: come un troppo netto stacco fra antico e moderno, troppo duro, e non parlo di Fontana accanto a Canova, giocando con molta intelligenza sul bianco grigio monocromo, ma di una sensazione generale, come se i curatori Gabriella Belli e Luca Massimo Barbero non fossero riusciti a creare un percorso senza scossoni non voluti. Non provocazioni o shock utili al pubblico, ma una non comunicazione. Non certo il corto circuito, ma piuttosto dei cali di tensione.

Procedendo con ordine bisogna ammettere che la scelta del Giovedi Santo per l’inaugurazione risulta particolarmente suggestiva, contraendo la storia umana di Cristo, da prima della nascita alla Resurrezione della Domenica di Pasqua, in quattro giorni, anche se la data in cui si ricorda l’Annunciazione è il 25 marzo, tradizionalmente considerato come di fondazione di Venezia.

Il percorso é introdotto da un agile Mercurio bronzeo di Giambologna, dalla Galleria Franchetti alla Ca’ D’Oro: il messaggero degli dèi, come prefigurazione dell’Angelo Annunciante. S’inizia con magnifiche pagine miniate dalla Fondazione Cini; a seguire,  opere devozionali di grande qualità esecutiva, il bel Trittico attribuito a Lazzaro Bastiani, dal Museo Correr. La pala di Garofalo appena citata, con lo stipo aperto al centro della scena: due piani, due nature morte. Un libro aperto, due chiusi, un coltello, delle forbici, quattro ciliege, una penna nel suo calamaio; sotto, un vaso con una pianta verde, un altro in vetro veneziano riconosciuto dai collezionisti, in cui garofani posano agonizzando nell’acqua, ed una clessidra quasi alla fine del suo tempo. Sopra il mobile, un leggìo con un altro libro aperto. Una giovane colta.

Diversa la scena in Tiziano; anche qui la ragazza stava leggendo, il giovanotto alato che le annuncia la decisione divina è delicato, trepido, si direbbe, lei è già compresa del suo ruolo, concentratissima, ai suoi piedi il cestino del lavoro, anche lei “all’opre femminili intenta” è stata colta di sorpresa dalla visita inaspettata, ma non è spaventata dalla possanza dell’angelo, come nella pala di S.Salvador, di molti anni successiva. Si noti che il prestito dell’Arciconfraternita ha un vero carattere di eccezionalità siccome è il primo in assoluto in terraferma, di una organizzazione assistenziale che operava anche qui, da e per secoli. Il tema viene affrontato in molte versioni incise originali, come da grandi autori, per arrivare a: Sole in Piazza S.Marco di Lucio Fontana ( Collezione privata ), con quell’oro magmatico in cui sono “casualmente” incastonati, frammenti di vetro colorato di Murano.

A conclusione tre opere di Don Flavin: Untitled( to Don Judd colorist )2, 4, 3, 1987 (Mendrisio, Panza Collection)…come un Golgota con tre croci colorate al neon che si vede affacciandosi ad una specie di finestra abilmente creata da Pier Luigi Pizzi. Poco lontano: Deposizione di Gaetano Previati, matita su carta del 1901, da Ca’Pesaro, straordinario disegno dove la luce proprio non c’è più. La storia è finita. La mostra ha un audiovisivo di montaggio cinematografico curato, anche in questo caso, da Gian Piero Brunetta, ed un piccolo catalogo pubblicato, nuovamente da Lineadacqua.

 




 

(14 aprile 2017)

 

 

 

 

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