di Alessandro Paesano #Roma twitter@gaiaitaliacomlo #Cinema
Un Beau soleil intérieur (t.l. Un bel sole interiore) (Francia, 2017) di Claire Denis, che in italia uscirà (il 19 di Aprile) col titolo (di poca fantasia) L’amore secondo Isabel, è stato presentato alla 49° Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, dove ha ricevuto il Premio SACD (ex aequo con L’Amant d’un jour di Philippe Garrel).
Il film vede Isabelle (una splendida Juliette Binoche) un’artista divorziata, madre di una adolescente, alle prese con gli uomini. Prima un bancario, disgustosamente maschilista nonche brutto e grasso, col quale si apre il film, durante un loro amplesso nel quale Binoche mostra generosamente seno e sedere.
Un uomo disgustoso che Isabelle riesce a mandare a quel paese un po’ alla volta.
Poi un attore più giovane di lei, insicuro e egocentrico (e molte donne in sala alle sue battute nevrotiche ridevano di una risata liberatoria di chi riconosce modelli mentali e comportamenti) e poi via via altri uomini (anche un autista di taxi, nero).
All’inizio sono gli uomini ad avere la peggio risultando insopportabili, nevrotici, fragili, infantili. Isabel sembra subire, per vocazione al martirio, o per un malvissuto istinto materno.
Man mano che il film si svolge, inondando il pubblico di una verbosità reiterata e non sempre necessaria, capiamo invece che anche Isabel è nevrotica e che, anzi, la sua sprovvedutezza fa da pendant, in qualche modo, alle inadempienze maschili.
Non neghiamo che in patria il film possa intavolare un discorso (auto)critico sull’immaturità dei sentimenti e le relazioni anche tra le persone di mezza età, non per altro per l spessore del quotidiano delle vite di queste perone (dove, per fare un esempio, i libri non rimangono sugli scaffali di casa ma sono aperti sui tavoli davanti ai divani).
In italia il film avrà il successo di quelle opere che dimostrano agli uomini che la “colpa” dei loro insuccessi è dovuta all’isteria delle donne (con buona pace della regista che ha scritto la sceneggiatura a 4 mani con Christine Angot).
Nel finale poi, quando Isabel sente le sciocchezze di un veggente (splendido cameo di Gerard Depardieu) il tono da commedia col quale nel film si dipingono situazioni gravi e profonde di malessere esistenziale e sentimentale, hanno ormai perduto ogni credibilità dinanzi dei personaggi sopra le righe, incapaci di restituire persone vere imprigionati in un esercizio di stile che tradisce le aspirazioni della regista e della co sceneggiatrice.
Juliette Binoche è in stato di grazia ma non ci piace l’uso del nudo impiegato dalla regista che offre allo sguardo del pubblico i suoi seni e il suo sedere senza che le controparti maschili vengano spogliate nello stesso modo.
E quando una attrice viene spogliata più degli attori c’è sempre in agguato il maschilismo che spoglia le donne e non gli uomini.
Una asimmetria di trattamento tra i generi che umilia personaggi (e attrici) che non ci piace nemmeno quando a metterla in pratica è una donna…
(6 aprile 2018)
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