Ermanno Olmi, regista di respiro universale. Il ricordo di Emilio Campanella

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Ermanno Olmi sul set del film “L’Albero degli Zoccoli”, uno dei capolavori del cinema italiano di sempre

di Emilio Campanella #ermannoolmi twitter@gaiaitaliacom #cultura

 

 

Un altro grande regista italiano ci ha lasciati, un’altra importante pagina del cinema italiano, e non solo, si chiude. Rigoroso, coerente, umanissimo, Ermanno Olmi ha avuto una lunghissima carriera professionale costellata di film di grande importanza, di grande forza; ha raccontato piccole storie, talvolta piccolissime, ma con un respiro universale. Un mondo di semplici, di umili, ma ricchissimi moralmente. Dopo gli inizi come documentarista, filone che scorse parallelo a quello del cinema narrativo. Attento ed accurato scrittore, curò nel dettaglio le sue sceneggiature. Fu straordinario direttore d’attori con i non professionisti, come si diceva in anni lontani, ma anche con personalità di diversa provenienza, come il Ras Degan memorabile ne I cento chiodi del 2007. Gli inizi furono, per il cinema narrativo, con Il tempo si è fermato del 1958, Il posto del 1961, I fidanzati del 1963, in cui si occupò di un’Italia piccola, quella degli impiegati, degli artigiani, all’inizio del boom. Nel 1965: E venne un uomo… intorno alla figura di Giovanni XXIII, che vidi, dodicenne, in un cinema parrocchiale, e mi colpì per la struttura. I film precedenti li recuperai più avanti.

Mi colpì molto Un certo giorno, del 1969, un’altra storia privata. Dello stesso anno: I recuperanti, per la Rai, su coloro che recuperavano, appunto le bombe inesplose della Prima Guerra Mondiale. Nel 1978, fu L’albero degli Zoccoli (Palma d’Oro a Cannes) ed il successo internazionale. Nel 1987: Lunga vita alla signora (Leone d’Argento a Venezia), feroce ed ironica metafora sul potere. La leggenda del santo bevitore (Leone D’Oro a Venezia) da Joseph Roth è del 1988, altro successo internazionale, anche grazie alla presenza di Rutger Hauer quale protagonista. Del 2001 è Il mestiere delle armi, sulla figura di Giovanni dalle Bande Nere, acuta ed accuratissima riflessione non solo ineccepibilmente formale, sul potere e sull’Italia del Rinascimento: un’altra trasparente metafora. Cantando dietro i paraventi, del 2003, più fragile, ma affascinante, e con un umanissimo Carlo Pedersoli (Bud Spencer). Il già citato Centochiodi è una vicenda che mescola abilmente e con molto acume storie che sembrano essere altre, personaggi da cui ne traspaiono altri ancora, con un fondo umanissimo e struggente. ancora una volta. Il villaggio di cartone del 2011 su un anziano prete (Michel Lonsdale) che cerca di comprendere le difficoltà dell’immigrazione e le affronta mettendo in pratica la parola evangelica.

L’ultimo film narrativo è stato il sorprendente: Ritorneranno i prati del 2014, sulla Prima Guerra Mondiale, attraverso un gruppo di umili soldati in trincea. Durante questa lunga carriera, un ininterrotto impegno diretto verso i diritti umani, attraverso il documentario, e non solo naturalmente. Ho citato solo i principali dei numerosi premi che contraddistinsero la carriera di Ermanno Olmi, aggiungo solo il Leone d’Oro a Venezia, alla carriera. Appunto.

 




 

(8 maggio 2018)

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