Vengo – dunde del viento, o della straordinaria forza del Flamenco

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di Alessandro Paesano #cinema twitter@gaiaitaliacom #cinespañol

 

 

Vengo dunde del viento (t.l. vengo dal vento) che in italiano è diventato Vengo demone flamenco, (Francia/Spagna, 2000) di Tony Gatlif alla sua uscita in Italia venne liquidato come una “prevedibilità folkloristica”, come “un pretesto narrativo per cucire insieme uno straordinario documento sulla musica gitana[1]” non cogliendo affatto il nesso tra la storia raccontata e le origini del flamenco.

La storia narrata scaturisce dallo stesso movimento che genera la musica una forza vitale che riempie e muove ogni inquadratura del film (girato prevalentemente con la camera a mano).

E’ il dolore di Caco, gitano andaluso inconsolabile per la morte della figlia, che cerca conforto nella musica, a dar vita a feste e jam session dove si canta e si suona, con grandi gruppi di flamenco, mettendo a fianco di quelli andalusi musicisti turchi (con i loro flauti e liuti) ed egiziani, come il canto del maestro del Sufi Ahmad Al Tuni, di La Caita.

Caco è attanagliato da una faida con la famiglia dei Caravaca, alla quale suo fratello ha ucciso un componente. Ora la famiglia, non potendo mettere mano su suo fratello, latitante, pensa di uccidere Diego, suo nipote, handicappato e che Caco tratta come un figlio.

Dopo aver inutilmente tentato di riappacificarsi con i Caravaca Caco si sacrifica per Diego lasciandosi uccidere al suo posto.

La musica tutt’altro che costituire uno sfondo scenografico-folcloristico costituisce il vero nucleo drammatico della trama i cui eccessi, la cui retorica, le cui esagerazioni sono esattamente quelle del flamenco (checché ne dica Irene Bignardi…).

Una pellicola incredibilmente viva e dirompente che quest’anno il festival del cine español ha voluto riprogrammare per riscoprire una perla nascosta.

A interpretare Caco, Antonio Canales all’epoca uno dei più grandi danzatori di Flamenco che Gatlif ingaggia per fargli interpretare un personaggio che nel film non balla mai.

In sala prima e dopo la proiezione Juan Luis Corriente che ci ha raccontato i dietro le quinte di un film molto improvvisato (della sceneggiatura originale scritta da Trueba solamente il 5% è finita davvero nel film) come la musica, come la vita.

[1] Irene Bignardi su Repubblica 10 settembre 2000

 




 

(9 maggio 2018)

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