Rendez-Vous 2019: “C’est ça l’amour”. Vederlo rende la vita migliore

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di Alessandro Paesano #Rendezvous2019 twitter@gaiaitaliacom #Cinema

 

C’est ça l’amour (t.l. E’ questo l’amore)  (Francia, 2018) opera seconda di Claire Berger è un film magnifico e indimenticabile, che nel raccontare una storia semplice pone una serie di punti fermi nella vita e nella regia cinematografica.

Il film racconta dei mesi immediatamente successivi alla separazione tra Mario e sua moglie Armelle, che lo ha lasciato con due figlie adolescenti, Frida di 14 Annie e Niki di 17.

Il film procede per ellissi, senza mostraci scene madri (così capiamo che Armelle se ne è andata quando la donna torna in casa a prendere un po’ di effetti personali) mostrandoci tramite dettagli apparentemente (e sottolineiamo apparentemente) insignificanti le difficoltà e le idiosincrasie dell’uomo e delle figlie. Nulla ci è dato sapere invece di Armelle che vediamo nel film solo quando la donna entra in relazione col marito o le figlie.

Mario lavora come impiegato comunale nella cittadina di Forbach (nell’estremo nord est della Francia, al confine con la Germania), a contatto con un pubblico aggressivo e razzista. Quando un cittadino si lamenta aggredendo verbalmente una collega  Mario interviene  e lo invita a calmarsi, parlandogli in italiano, mentre una donna intima loro di parlare in francese perché sono in Francia. L’empatia di Mario, che era intervenuto per tutelare la collega ma capiva anche la frustrazione dell’uomo, viene ignorata dalla dirigente che lo redarguisce pensando solo ai regolamenti ignorando la componente umana dell’equazione servizio pubblico, scatenando in Mario un’ira da frustrazione.

Niki sa gestire la corte di un ragazzo di origini algerine tra sessualità consapevole e giusta distanza affettiva, mentre Frida, in piena fase di antagonismo, si lascia sedurre da una compagna di scuola che la bacia all’improvviso. Frida abbraccia in pieno questa storia ma per l’altra ragazza si tratta solo di un flirt passeggero. Niki le consiglia di trovarsi una ragazza che la ami veramente mentre Armelle rassicura Mario dicendo che lei aveva già intuito che forse a Frida piacessero le ragazze.

Quando Mario vede le due ragazze baciarsi, prima cerca di separarle ma quando la ragazza, credendo di tranquillizzarlo, gli dice che tra lei e Frida non c’è niente Mario le risponde preoccupato che Frida è innamorata di lei.

Mario partecipa a uno spettacolo di teatro collettivo, Atlas, solo per poter stare vicino alla moglie che è capo tecnico luci del teatro.

Mario ha una cultura classica, ama la danza (in una delle sue sere solitarie guarda una coreografia nella quale una coppia lui lei si corteggiano: e lei, avvinghiata a lui con le braccia, sfreccia nell’aria mentre lui gira vorticosamente su se stesso) e riesce a lasciarsi andare solamente quando Frida, per dispetto, gli serve a sua insaputa dell’mdma. Drogato Mario riesce a lasciarsi andare ed è capace di esprimere i suoi sentimenti di amore per le figlie e la moglie (accorsa in suo aiuto).
La foto di locandina è presa proprio dalla scena in cui, allettato, si fa coccolare dalle figlie commentando la morbidezza della loro pelle.

Ripresosi dall’effetto della droga Mario ammette con la moglie di non essere in grado di badare alle figlie le chiede di portare con sé.

E solamente quando è davvero solo riesce ad lasciare andare le cose e comincia a entrare in contatto con gli altri e le altre partecipanti del laboratorio teatrale.
Quando finalmente va in scena riconosciamo nello spettacolo brani della coreografia che amava tanto.

C’est ça l’amour riesce a individuare alcuni punti nodali di rapporti interfamiliari di oggi, nei quali i vecchi stereotipi di genere, pur continuando ad essere l’uno strumento interpretativo disponibile, sono ormai del tutto inadeguati e cedono il posto a una conoscenza e consapevolezza nuove.
Frida si dichiara subito lesbica col padre e non ha paura di sperimentarsi con la compagna di classe (che invece ha paura e scappa subito) molto diversamente da quanto riportato nel catalogo del Festival dove si dice, in maniera giudicante e lesbofoba, che Frida comincia a provare sentimenti confusi: la confusione è invece solamente nella testa di chi ha scritto queste note.

Niki sa gestire uomini e droghe (è lei a spiegare al padre e alla madre dinamiche e tempi del loro effetto).
Armelle scappa da una famiglia che probabilmente le sta stretta e va a vivere con un altro uomo (che il film non ci mostra) evitando di affrontare la questione con il marito.
Mario invece crede che, in quanto uomo, debba avere il controllo della situazione e, visto che non ce l’ha, non si sente all’altezza.
Solo quando capisce che  il controllo è una chimera e che esistono solamente le relazioni riesce ad andare avanti con la sua vita (e anche a flirtare).

Il film segue i suoi personaggi con una mdp fluida che stringe appena può sul primo piano, interessata alle emozioni dei personaggi come traspaiono dai loro visi e non dalle parole, preferendo un tipo di cinema che oltre alle parole racconta tramite le immagini.

C’è una piccola scena dove le immagini ci inducono in errore, riassumendo i cambiamenti sociali in corso e l’inadeguatezza dei ruoli di genere che ancora ci portiamo appresso.

Una sera che deve temporeggiare per tornare a casa per lasciare alla figlia la casa libera per la sua festa di 18 anni, Mario va in un parcheggio a sentire la sua adorata musica lirica. Di fronte lui due camion. In quello di sinistra un uomo dispiega una tenda occultando l’abitacolo, mentre dal camion a fianco scende una donna, vestita in shorts che raggiunge Mario chiedendogli gentilmente di abbassare il finestrino. Mario le risponde che non è interessato e lei gli spiega che non è una prostituta ma una camionista e che la sua musica non la fa dormire. Mario le chiede scusa e abbozza una giustificazione adducendo il modo in cui la donna è vestita. Lei allora si arrabbia e gli rompe uno specchietto laterale ribadendogli che lei si veste come cazzo le pare. Andando via, gli dà del frocio.

Se da un lato la società è cambiata, finalmente, e le donne hanno accesso alle professioni e alla vita una volta riservate solamente agli uomini, nel nostro immaginario collettivo (di tutti e tutte, anche di chi scrive,  che nonostante sia sensibile all’argomento, ha avuto lo stesso pensiero di Mario) se una donna che scende da un camion (anche se nell’abitacolo non c’è nessun altro) non pensiamo sia una camionista ma una prostituta.
Mentre ci esorta a …cambiare pregiudizi, il film ci mostra come un uomo con un lavoro comunale, migrante (di origini italiane) con la passione per la lirica (francese) non proprio in linea con gli stereotipi di genere (ma non per questo fragile come riportato nel catalogo del Festival) riesca ad accettare la separazione con la moglie senza rinunciare alle cure genitoriali come la cultura patriarcale ci ha detto di fare da quando in Europa c’è il divorzio. E di come di cultura abbiano fame tutti e tutte, anche i e le partecipanti allo spettacolo teatrale.

Uno dei più bei film che abbiamo avuto la fortuna di vedere.  Vederlo rende la vita migliore.

Davvero.

 





 

(8 aprile 2019)

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