Rendez-Vous 2019: “Amour Imposible”. Appunto…

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di Alessandro Paesano #RendezVous2019 twitter@gaiaitaliacom #Cinema

 

Tratto dal romanzo omonimo di Christine Angot Un amour impossible (t.l. Un amore impossibile)  (Francia, 2018) di Catherine Corsini è un racconto fatto dalla voce over di Chantal, che ripercorre la storia d’amore di sua madre Rachel, impiegata d’ufficio, alla fine degli anni 50, a Châteauroux, con suo padre Philippe.
Dal sesso consumato, non in linea con l’immaginario dell’epoca, ai libri che Philippe le consiglia di leggere, i due giovani si legano l’uno all’altra ma più Philippe dimostra di non volere una relazione ufficiale con lei più Rachel invece di allontanarlo si lega al ragazzo. La nascita di Chantal li allontana ma diventa per Rachel una battaglia affinché Philippe riconosca la figlia sul cui documento c’è scritto di padre sconosciuto.
Ci riuscirà solamente quando la figlia è quasi adolescente. Ottenuto il riconoscimento Rachel si allontana definitivamente da Philippe man mano che la piccola Chantal, crescendo, si avvicina al padre. Quando una verità indicibile viene improvvisamente rivelata a Rachel,  la donna non reagisce lasciando che la figlia si allontani da lei e aspettando che sia lei, diventata madre a sua volta, a riavvicinarsi, molti anni dopo.

Sarà Chantal a spiegare alla madre che ogni comportamento di suo padre Philippe era guidato da un innato odio di classe che ha travolto anche lei per continuare a colpire Rachel e le sue umili origini.

Il film di Corsini trae la sua prima forza da Virginie Efira che si dona al film totalmente anche in alcune scene di nudo, in una delle più belle, emozionanti, vive scene di cunnilingus che abbiamo avuto modo di vedere al cinema, dove la nudità della protagonista è bilanciata da quella della sua controparte maschile (il monoespressivo Niels Schneider).
Curato e convincente nella ricostruzione storica degli anni sessanta il film fallisce miseramente, invece, nel mostrare il passaggio degli anni che sembra non avere effetto sugli attori e sulle attrici  che non invecchiano di un giorno.
Solamente nella terza parte del film, ambientata begli anni ’90, quando oramai Chantal ha più di 30 anni, Efira viene giocoforza invecchiata per non scadere nel ridicolo (e vederla camminare con l’agilità ridotta di una persona non più giovane dà la misura della grandezza dell’attrice).

Il film mostra tutto lo spessore della cultura nazionale francese, a cominciare dall’abitudine a leggere libri (quelli che Philippe consiglia a Chantal e quel che Rachel legge per conto suo senza il consiglio di nessuno) radicata in qualunque classe sociale (e che noi si debba continuare a notare quanto sia bello che nei film francesi c’è sempre una scena in cui si legge un libro la dice lunga sulla miseria culturale delle abitudini nel nostro paese…) proseguendo con i temi affrontati (tra cui quel disgustoso maschilismo della definizione di padre sconosciuto scritta nel documento di Chantal). Temi che, pur essendo tratti da un romanzo, hanno una loro forza cinematografica che trova vita in una sceneggiatura che sa trasportare il racconto letterario in quella verosimiglianza icastica che il racconto per immagini porta sempre con sé.

Film ellittico, dal racconto discontinuo, al quale avrebbe giovato forse l’assenza o un impiego diverso della voce over di Chantal, che si fa ambigua quando commenta fatti che sono avvenuti in sua assenza e che quindi non possono essere biografici ma solo  extradiegetici, tradendo l’espediente narrativo e sminuendo il portato di denuncia del vissuto del personaggio.
Una ambiguità che ritroviamo anche in Rachel, la cui mancanza di contatto fisico con la figlia (che non abbraccia e non bacia quasi mai) non si capisce se siano dettati da mancanze affettive, dal carattere o da sviste della sceneggiatura.
Una le scena topica da questo punto di vista è  quando Rachel racconta alla madre un incontro disastroso col padre e nonostante scoppi a singhiozzare la madre non solo non la abbraccia ma evita qualunque contatto fisico con lei, senza che di questa mancanza il film si accorga o ce ne mostri la problematicità. Tua figlia ha il cuore spezzato e tu te ne resti lui impalata come fossi dinanzi una sconosciuta…
D’altronde il nodo gordiano di tutto il film è proprio l’assoluta mancanza di  conseguenze dopo che Rachel è stata messa al corrente degli abusi di Philippe sulla figlia.

La spiegazione quasi sociologica sugli abusi subiti in chiave classista che, alla fine del film, Chantal dà alla madre, non risolve il portato (an)affettivo che rimane inesplorato nel film nonostante le due ore e un quarto di lunghezza.

Un film da festival che verrà distribuito in Italia e del quale avremo sicuramente modo di riparlare.

 

 




 

 

(8 aprile 2019)

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