di Giuseppe Enzo Sciarra, (settima puntata)
Il Tempo della Mele fuori tempo massimo (I parte)
È un’illusione ciò che credo? Ho così fame d’amore che me ne invento uno? Mi prenderei a sberle per la paura che nutro verso i miei sentimenti. Non ho mai creduto fino in fondo alle mie sensazioni su chi fosse attratto da me. Il regime del patriarcato (e non solo) mi ha indotto a diffidare dell’interesse di un uomo nei confronti di altri uomini: “È una menzogna! Ti sei sbagliato! Non è possibile! A lui piacciono solo le femmine!” A dirmi queste frasi sono state anche donne perché mettendo in dubbio l’eterosessualità di alcuni uomini li allontanavo da loro senza averne il diritto. Per fortuna avevo – ed ho – amiche illuminate e non insicure che non si risentivano con me perché gli sottraevo “mercanzia”. Queste amiche mi hanno sempre compreso e accudito come sorelle senza giudicarmi male. Il presunto maleficio che mi faceva vedere gay dove non c’erano mi ha fottuto per anni facendomi sentire in colpa e pazzo. Arrivai a credere (per compiacere l’opinione comune) che vivendo male la mia omosessualità la volevo vedere negli altri per sopportarla di più. Che brutto sentirsi rinnegare la propria natura perché senti te stesso e vedi verità per gran parte della gente, scomode. Se è un mondo di froci e ho il coraggio di dirlo non è colpa mia.
***
Chiesi a varie amiche e amici di testimoniarmi se con Federico Maio ci fosse effettivamente reciproco amore. Volevo che lo spiassero quando mi accompagnavano al Teatro degli Ignoti che si avvicinassero al suo desiderio per capire se era rivolto a me oppure no. Ebbi un primo feedback su di lui da un’amica sudamericana bisessuale, Andrea. Andai con lei a vedere uno spettacolo, “Atti impuri” tratto da un racconto di Pier Paolo Pasolini. Quel giorno eravamo in pochi dentro il teatro e Federico come al solito mi guardava. Appena mi fissò girai lo sguardo altrove per vergogna. Andrea divertita mi fece notare i suoi sguardi.
“Davide, il tipo ti guarda! Cazzo hai fatto colpo!” Provai un profondo tremore a sentire le sue parole di conferma e di colpo arrossii.
“Ma ci hai mai parlato con lui? Dobbiamo trovare il modo di entrarci in confidenza! Gli piaci un sacco. Ti guarda di continuo”, disse risoluta Andrea, che da sempre amava accorrere in soccorso di due innamorati che non sapevano dirsi che si piacevano. Alzai lo sguardo sottomesso dal pudore e dal caos delle emozioni: Federico era lì, per nulla imbarazzato e con la sua solita aria spavalda, le sue labbra voluttuose e beffarde, una t-shirt blu che lo faceva apparire un marinaio (e il suo solito atteggiamento strafottente non era spiacevole come al solito). D’un tratto Andrea si avvicinò a Federico per chiedere un’informazione sullo spettacolo.
“Scusa sai se sarà una lettura visto che è tratto da un libro”?
“No. Ho spiato le prove e non ho visto un leggio”, rispose Federico con una gentilezza inconsueta. Per la prima volta era simpatico. Miracolo!!!
“Ti presento il mio amico Davide D’Antuono”, disse Andrea con la massima naturalezza. Mi si fermò il cuore lì, seduta stante. Così, dal nulla, la mia amica mi presentava a quel ragazzo meraviglioso. Me lo sarei dovuto aspettare.
“Lo conosco. Viene spesso qui”, rispose Federico.
“Si. Ci conosciamo già”, biascicai queste poche parole come un imbecille al primo appuntamento. Andrea mi guardò perplessa. Conoscendomi bene percepì come strane quelle quattro lettere messe in croce balbettando. Ero troppo intimidito dalla situazione. Cercai immediatamente di sembrare più sicuro di me e di correre ai ripari pur di piacere a Federico e con tono più deciso aggiunsi: “Ti ho visto recitare la parte del diavolo in quello spettacolo in accademia assieme a Gabriele De Amicis. È un mio amico. Abbiamo fatto teatro assieme per un po’ di tempo”.
“Ah sì! Che bello! Gabriele è una grande persona”, rispose Maio. Secondo me senza crederci troppo.
“Anche un bravo attore! Non era facile il suo ruolo.”
“E io sono stato bravo per te?, chiese inaspettatamente e con tono un po’ provocatorio Federico. Andrea se la rise sotto i baffi.
“Si. Sei stato anche tu molto bravo”, cercai di essere il più gentile possibile. Quei suoi occhi su di me, quella parte del mio mondo che mi fissava e studiava tenendomi in pugno attraverso il suo sguardo, aveva sempre l’effetto di colpirmi e farmi sentire nudo e vulnerabile. Non ce la facevo più a stargli vicino. Volevo nascondermi nel buio della sala e fuggire da quell’anima che mi mangia il cuore. Come l’amavo quel maledetto figlio di puttana.
***
Da dove vengo? Perché sogniamo? L’essenza della morte e della vita è nei nostri sogni?
Mio padre era seduto in cucina ed era piuttosto impaziente nel dirmi che disapprovava che io amassi un uomo – le volte celesti fanno brutti scherzi quando siamo così vicini a salutarle e gli occhi sono spenti. Non ci pensai due volte, nessun conflitto pare tenermi a bada, gli rispondo che sono un uomo, che quel padre è morto, che io sono un altro perché sono cresciuto e che l’età delle prediche e dei sensi di colpa è tramontata come tramonta il sole in spiaggia, quando la luna si alza e finalmente possiamo specchiarci nell’anima. Lui pareva incerto nel replicare, singhiozzava. Come era debole e provato dalla vecchiaia e da un morte assai vicina. Mi faceva pena, ma se mi amava doveva placare il suo machismo e darmi la possibilità di rinascere. Sto rinascendo papà! Da che mi avevano seppellito vivo per non infrangere le leggi di quegli uomini che ci vogliono soffocare per come sentiamo e amiamo, sono uscito dalla mia tomba!
“Non ci sto fratelli! Io devo amare come voi! Io devo compiere il mio destino perché il mio spirito sia bagnato di luce e il signore sia lodato. Amen”.
Mio padre mi guardava perplesso, cercava di capire. Si alzò dalla sedia e mi venne incontro dicendomi sono più forte di te. Aprii gli occhi e a malincuore mi svegliai. Avrei dovuto oppormi ancora. Non dovevo scappare da quel luogo senza tempo per paura della morte… Rientra nell’anima ti prego…!
***
Le volte successive tornai a teatro con Andrea, in attesa di poterci andare anche con altri miei amici e avere ulteriori riscontri su quello che già sapevo. Con Federico iniziai a parlarci di tanto in tanto, seppur superficialmente, chiacchiere da ascensore, da bigliardo, da bar all’angolo; non mi pareva avessimo molti argomenti in comune o forse c’era solo molto imbarazzo e questo ci rendeva tesi, poco autentici. A volte avevo la sensazione che qualcosa lo stesse bloccando. Io ero più propenso a approfondire il rapporto mentre lui si accontentava di essere adulato. Come l’amavo quel maledetto figlio di puttana!
***
Spunta la luna e ripenso a Federico. Mi fa tanto male guardare a quel cielo cupo, quella luna distante senza segni del fato benevoli. Lui non c’era, non mi ascoltava, era velato dalle ombre notturne e probabilmente non mi pensava. Era solo nella mia testa il canto puerile e sofferente dell’amore (o infatuazione) verso un ragazzo che mi voltava le spalle e non rispondeva ai lamenti di Didone che implora il suo amato.
(24 ottobre 2021)
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