William Hurt: “Credi che riusciremo mai a trovare un luogo dove io e te potremo vivere uniti al di là dei suoni e del silenzio?”

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di Giuseppe Sciarra

William Hurt è morto. La notizia ieri sera è stata diffusa da alcune testate italiane ma era già apparsa sui maggiori quotidiani anglosassoni, provocando ovviamente commozione e incredulità, si resta sempre sgomenti di fronte a quelle morti che non ti aspetteresti, perché l’attore americano era in fondo giovane. Avere 71 anni oggi, significa essere degli anziani che vivono la fase giovanile di vecchiaia perché a quest’età si può essere perfettamente in salute e vivere ancora a lungo – scusate la retorica spicciola e ovvia ma è utile a spiegare la mia incredulità per la morte di un grande interprete di questi ultimi quarant’anni.

Inoltre vuoi perché vorremmo che i grandi attori che vediamo sullo schermo fossero eterni come i personaggi dei loro film, vuoi perché la morte di un attore molto egoisticamente ci fa pensare al tempo che ci scorre davanti inesorabile dicendoci che il mondo sta cambiando e noi con lui, la morte di Hurt come quella di Michael Jackson o Dolores O’rdian, per citare altre morti di personaggi del mondo dello spettacolo che ci hanno colto di sorpresa, non ce lo saremmo aspettati o non ce lo volevamo aspettare. Hurt da tempo era malato di tumore alla prostrata e in una delle sue ultime pellicole appare consumato e visibilmente stanco.

La prima volta comunque che vidi l’attore dal volto elegante e i modi garbati e signorili fu in “Figli di un dio minore” del 1987 per il quale fu candidato all’Oscar, statuetta che aveva vinto anche l’anno prima per l’eccellente interpretazione nel conturbante, “Il bacio della donna ragno”. Ritornando al film di Randa Haines ricordo che quando lo vidi la prima volta ero con mia nonna e mia madre nel soggiorno di casa nostra e un’annunciatrice televisiva parlava di questa pellicola uscita qualche anno prima, presentandola come una grande storia d’amore tra una donna sorda e un insegnante. Erano i primi anni novanta. Avrò avuto otto anni e si raccontava di diversità in televisione. Fu un modo per comprendere una realtà che non conoscevo e scorgervi alla fine della visione del film qualcosa di familiare e comune, i sentimenti, che accomunano tutti quanti noi in quanto esseri umani. Da lì in poi vidi William Hurt come il personaggio del suo film, un uomo capace di sfatare i luoghi comuni pur di amare e essere ciò che dovrebbe essere qualsiasi uomo, libero. Non riuscivo a scrollarmi di dosso questa immagine di lui anche quando interpretava ruoli più ambigui.

Le pellicole memorabili che William Hurt ci ha regalato sono decisamente tante, “Il grande freddo”, “ A history of violence”, “Fino alla fine del mondo”, “Alice”, “ Un padre in prestito”, “A.I – Intelligenza artificiale”, “Stati di allucinazione” e ne potrei citare tante altre. Fu un attore molto geloso della sua vita privata, schiavo purtroppo per un certo periodo delle droghe, collaborò anche con registi italiani come Franco Zeffirelli nel pessimo, inutile negarlo, “Jane Eyre” con Charlotte Gainsbourg. Ritornando nuovamente al romantico, “Figli di un dio minore”, vorrei salutare William con una frase famosa del film, una delle più toccanti e adatte a un addio: “Credi che riusciremo mai a trovare un luogo dove io e te potremo vivere uniti al di là dei suoni e del silenzio?”

 

(14 marzo 2022)

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