“Uno squillo per Joséphine”: Emanuela Esposito Amato pubblica un nuovo romanzo rosa sulla resilienza e l’amore a 360°

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di Redazione Cultura

“Uno squillo per Joséphine” è un romanzo rosa, che racconta la storia di una donna alle soglie dei quaranta, che affronta una crisi matrimoniale dovuta all’impossibilità di rimanere incinta. Un matrimonio apparentemente perfetto tra l’italo-francese restauratrice con la passione per il cake design e l’architetto di successo, Massimiliano Martinelli, rampollo di una facoltosa famiglia napoletana. A complicare la loro vita, tutta una serie di personaggi che s’insinuano nella loro quotidianità, ordendo trame a loro ignote. In primis, Amalia, la madre dell’architetto, che non ha mai accettato il loro matrimonio e la sua storica amica Claudia, che aspirerebbe ad avere Massimiliano come genero, per sua figlia Lucrezia, ex étoile ora influencer di successo e poi Domitilla, amica e socia di Joséphine con problemi relazionali e di anoressia. E infine, Loris Passion alias Roberto Russo, un gigolò con la passione per la fotografia che entra in contatto con la protagonista, diventandone un elemento essenziale e di rottura. Sullo sfondo, una Napoli borghese che vive di vizi e trasgressioni, celati da atteggiamenti bon-ton, per la salvaguardia delle apparenze, ritenute fondamentali in una società velata da ipocrisie.

Un romanzo che rappresenta il sequel ideale di “Il diario segreto di Madame B.” dove viene descritta la vita e il carattere di Joséphine sino all’incontro col suo futuro marito, rivelando come alcuni eventi tragici ne avessero segnato il carattere. Schiva e riservata, in questo nuovo romanzo, acquisisce consapevolezza di sé e dei propri obiettivi e s’impegna a perseguirli, malgrado i tanti ostacoli che incontra lungo il suo cammino. Un inno alla resilienza femminile, e all’accettazione e alla realizzazione di sé, al di là del plauso e del consenso altrui. “Per il momento cerco di concentrarmi sulle richieste poste da mio marito ieri a cena. Traslocare in una zona più signorile della città, adatta all’immagine di un architetto affermato e di una “donna in carriera”: parole sue, pronunciate con l’ironia mascherata da carezze e sorrisi. “Va da sé” ha aggiunto “che la casa sarà più grande per accogliere una famiglia vera”. Che significa vera? Gli ho chiesto. “Una famiglia con bambini, Jo, non una coppia” ha risposto, pungente come un dardo avvelenato. Questo lo ha portato al punto numero tre: mi ha chiesto di sottopormi alla Fivet, fecondazione in vitro. Lo paventavo. Si era già informato su tutto l’iter e me lo ha spiegato nei dettagli. […]. La cosa che mi angustiava, mentre esponeva con chiarezza e logica tutti i vantaggi dei cambiamenti che mi elencava, era il suo totale distacco emotivo, come se non parlasse di noi, delle nostre vite”.

 

(21 aprile 2022)

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