Tàr, l’imperfetto dove Cate Blanchet onora il mestiere d’attrice

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di Giuseppe Enzo Sciarra
Tàr
, Coppa Volpi all’ultimo Festival di Venezia per la miglior interpretazione della sempre monumentale Cate Blanchett, vede il ritorno alla regia dopo ben quindici anni del regista Todd Field (Little children, la sua penultima prova risaliva al 2006) e promette di fare incetta di premi prestigiosi, tra Oscar e Golden Globe, perché Blanchett sembra nuovamente superarsi in bravura dando vita davanti l’obiettivo a un personaggio estremamente complesso che non mancherà di provocare nello spettatore reazioni contrastanti e perfino di turbarlo per la materia scottante che viene affrontata; l’abuso di potere dietro al successo e una visione originale della figura del carnefice, un predatore o meglio una predatrice sessuale dalle mille sfaccettature.

Lydia Tàr (Cate Blanchett) è una donna lesbica affascinante e di potere, che ha una compagna violinista con figlia piccola e una carriera di direttrice d’orchestra invidiabile; tra genio e rigore, amore per la verità dell’artista che secondo l’intransigente e battagliera musicista deve rimanere tale, anche quando si affrontano personaggi dalla vita complessa spesso ombrosa e poco edificante, (lo scontro con lo studente gay che si rifiuta di interessarsi alla musica di Bach per questioni morali come la sua misoginia merita più che un riflessione su come una certa tipologia di persone usi a sproposito e stupidamente il politicamente corretto – Lydia li definisce in più di un’occasione giustamente robot, gente le cui scelte personali e politiche sono indottrinate dai media e dai social). La vita di questa rinomata orchestrale in un mondo di uomini a cui lei fa il verso per sopravvivere a un mondo maschilista (ma anche perché risucchiata dal vortice del successo che si rifà a determinati stilemi patriarcali), cambia decisamente registro quando viene accusata di aver usato la sua posizione privilegiata con delle giovani musiciste sue allieve e ammiratrici in cambio di favori sessuali.

Non è semplice parlare di un’opera complessa come Tàr, la sceneggiatura ha molte chiavi di interpretazione: spesso è difficile inquadrare bene le situazioni che vengono presentate al pubblico, alcuni personaggi restano nebulosi, ambigui e ardui da decifrare se si vuole andare oltre la concezione manichea di buono e cattivo. La stessa protagonista non è il classico carnefice stereotipato, il suo cinismo, la sua mancanza di empatia (tranne che con sua figlia), la voracità con cui si vive rapporti amorosi con giovani donne non riusciamo a capire fino a che punto siano consapevoli o indotti da un sistema che annebbia e disumanizza non solo le persone che hanno successo ma anche chi gli è attorno; il che è una scelta intelligente perché si vuole sottolineare la complessità dell’essere umano ponendoci sia Lydia che le sue vittime su più piani di giudizio e interpretazione.

La prima parte del film serve a farci conoscere il mondo di Lydia e i suoi codici, oltre che un po’ le persone che gli ruotano attorno: dalla misteriosa assistente forse sua amante, Francesca, a un’ex allieva innamorata di lei che la perseguita con delle email nella quali minaccia gesti estremi. La pecca della prima parte di Tàr forse è una certa freddezza dovuta probabilmente all’essersi dilungati troppo nella concezione di musica della sua protagonista che rischia di penalizzare tutto il resto, sarebbe stato meglio snellire certi momenti che possono risultare ostici e noiosi, soprattutto per chi non è un esperto. Dalla seconda parte in poi entriamo invece finalmente nel vivo della trama e nelle inquietudini di Tàr con dei piccoli guizzi di genio e delle scelte di contorno inquietanti e magistrali di cui non vogliamo rivelarvi nulla. La storia mostra l’anima e impariamo a conoscere meglio le zone d’ombra di Lidia restando profondamente toccati.

Con delle incursioni in una regia da video clip e video arte nelle scene oniriche, campi totali spesso ricolmi di spartiti, pianoforti e dischi, oppure vuoti con la protagonista a muoversi nello sfondo come un ectoplasma, riprese dal basso per evidenziare la grandiosità di Lydia all’inizio del film che ci ricordano certo cinema della nouvella vague, Tàr è un film imperfetto e bellissimo che vi farà parlare molto dopo averlo visto e a più riprese perché l’archetipo del carnefice di cui tanto si discute ultimamente con il politically correct viene messo in discussione in maniera onesta e non ruffiana con l’intento di non essere ipocriti ma di sviscerare realmente le zone d’ombra di ognuno di noi.

 

 

(4 gennaio 2023)

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