“Petites” di Julie Lerat-Gersant, promessa mancata di questa tredicesima edizione di Redenz-vous

Altra Cultura

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di Alessandro Paesano
Petites (t.l. Piccole)
di Julie Lerat-Gersant racconta dei cinque mesi che la sedicenne Camille passa in una casa famiglia aspettando di partorire la figlia che ha deciso di non tenere. Un tentativo di aborto a base di farmaci e cannabis ha indotto la giudice minorile a separarla dalla madre (che la ha avuta quando aveva più o meno la sua età) incapace di controllarla.

Nella casa famiglia Camille fa amicizia con Alison che ha una bambina piccola che soffre d’asma, della quale si prende cura con discontinuità, distratta dall’alcool e dai ragazzi (e per questo perderà la custodia). Anche la madre di Camille è discontinua nelle sue visite e Camille si confronta molto di più con l’assistente sociale Nadine (Romane Bohringer) che nasconde la frustrazione dietro una maschera di aggressività nervosa.

Opera prima dell’attrice Julie Lerat-Gersant, Petites è un film discontinuo che alterna momenti di indovinata descrizione dei personaggi (lo sguardo sofferente e desolato di Camille che ha una madre tanto sprovveduta da essere lei a fare dia genitrice alla donna) a momenti tutti dentro gli stereotipi del caso: Alison che si distrae per i ragazzi, la madre di Camille che passa da un fidanzato a un altro; anche Nadine che ha incontri sessuali con un giovane ragazzo che lavora in casa famiglia anche se è sposata.

Queste continue allusioni a una sessualità libera e spregiudicata non sono mai il viatico per un’autodeterminazione di queste donne quanto piuttosto una delle cifre della loro immaturità affettivo-relazionale, confermando un degli stereotipi e dei (pre)giudizi di cui il film è disseminato.

La sceneggiatura tradisce la sua nascita come esercizio di scrittura (una prima stesura ha visto la luce al corso di sceneggiatura della Fémis l’École Nationale Supérieure des Métiers de l’Image et du Son di Parigi) così concentrata nel voler descrivere delle adolescenti alle prese con la maternità da dimenticarsi di dettagli fondamentali come l’obbligo scolastico che Camille disattende inverosimilmente: la giudice la costringe in una casa famiglia a portare a termine la gravidanza ma si dimentica di farla studiare… misteri del cinema francese.

Alcune considerazioni della regista, intervenuta in sala dopo la proiezione, che sente la necessità di giustificare la scelta di Camille di non tenere la figlia che partorisce, dimenticando che si tratta di un diritto inalienabile di tutte le donne che non necessita di  giustificazione alcuna, ma semplicemente è, confermano una certa mentalità borghese anche inconsapevole, della regista (e sceneggiatrice) se si vuole subita e non agita ma non per questo meno molesta e che tanti danni fa alla storia raccontata che conferma personaggi e stilemi narrativi ormai fine a se stessi senza smarcarsi mai dai ruoli di genere e dagli stereotipi culturali.

Una promessa mancata di questa tredicesima edizione di Redenz-vous.  E, in fondo, un film che si dimentica facilmente.

 

 

(1 aprile 2023)

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