Pinocchio di Guillermo Del Toro. Dolce e forte come la carezza di una nonna amorevole

Altra Cultura

Condividi

di Laura Salvioli
La storia di Pinocchio la conosciamo tutti, io personalmente sapevo a memoria la prima pagina di questo libro. L’ iconico incipit in cui lo scrittore si rivolge direttamente al lettore ed in cui il protagonista, con grande stupore di tutti, è un pezzo di legno. Del Toro ama le fiabe e si vede, le padroneggia, le modifica, ma mai snaturandole, anzi, donandogli ancora più anima. Il regista decide di ambientare la storia durante il fascismo e di creare Pinocchio grazie alla Fata Turchina per consolare Geppetto che ha perso il figlio Carlo a causa di un bombardamento. Nel romanzo originale, invece, il periodo storico è quello subito dopo l’unità d’Italia e Geppetto costruisce il burattino solo perché gli viene regalato un pezzo di legno che parla. Appena creato Pinocchio è, anche nella versione di Del toro, un “bambino” ribelle che dà tante preoccupazioni al povero Geppetto, soprattutto, quando decide di seguire Mangiafuoco. Nella versione di Del Toro, però, Mangiafuoco ed il Gatto e la Volpe vengono accorpati in un unico personaggio che comunque inganna l’ignaro Pinocchio facendogli firmare un contratto che lo lega a lui per sempre come burattino “senza fili” del suo circo itinerante. A prescindere dalle differenze con la storia originale che, poi lo scoprirete vedendolo su Netflix, ho travato il film veramente bello e commovente. Adoro quando un artista concepisce un remake riuscito. Esattamente come i bravi interpreti che non scrivono i testi delle proprie canzoni sono così capaci da passarti ogni singola parola di un testo non loro, così, Del Toro è riuscito a rielaborare Pinocchio.

Ho travato geniale che quando Pinocchio compare in chiesa per la prima volta davanti ai cittadini del villaggio e tutti credono sia posseduto ed il podestà fascista gli si rivolge chiedendogli da chi lui sia comandato e lui gli dice candidamente: “E voi da chi siete comandati?”. Domanda forte da rivolgere ad un fascista o, ancora, quando fa le prove per esibirsi davanti al Duce e continua a chiamarlo “Dolce” provocando l’ira di Mangiafuoco che è, ovviamente, un convinto fascista. E, nonostante, questi elementi che il regista ha aggiunto non manca il nucleo fondamentale di Pinocchio che è comunque la storia di un padre e di un figlio imperfetti. Di un padre che cito: “Si sente disperato come tutti gli altri” che sbaglia con questo figlio che non sa come gestire ma che sa rimediare sempre e comunque con l’amore. Un amore goffo, a volte, ma profondo e sincero.
Insomma, vi consiglio questo film perché per me è stato come la carezza di una nonna che non vedeva l’ora di vedervi alla cena di Natale, come quei piccoli gesti silenziosi che ti fanno sentire amato.

 

(16 aprile 2023)

©gaiaitalia.com 2023 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Pubblicità