La Rai costretta a liberarsi dei programmi di Di Girolamo e Pino Insegno. Le altre reti ingrassano: alta strategia politico-gestionale?

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Mentre crescono gli ascolti de La7 che attende Corrado Augias con l’intrattenimento culturale di Aldo Cazzullo, il sabato sera casalingo-cultuale di Gramellini, il sempre più pungente Ottoemezzo di Lilli Gruber (e si confermano gli ascolti di Formigli, Floris e Propaganda Live in crescita) e mentre Fabio Fazio e Che Tempo Che Fa continuano a fare volare gli ascolti del Nove, la Rai cosa fa? Chiude programmi. Quelli dei cavalli vincenti, o quelli che tali venivano considerati. La colpa? Nostra, sicuramente, perché facciamo informazione di parte.

Perché vedete, in questi tempi in cui tutto deve adattarsi alla narrazione utile del momento anche la matematica è diventata un’opinione, secondo la quale anche i numeri vengono piegati a ciò che vogliamo dire. E’ l’unico lascito fondamentale del M5S prima maniera: a seconda della circostanza 1+1 può fare persino 27. Basta che serva.

Dunque la chiusura dei programmi di Di Girolamo e del grande e incompreso Pino Insegno ((a dicembre) che viaggiavano con share da buco nero tra il 2 virgola poco e il 3 virgola meno, non sono un flop ma sono colpa della stampa che si inventa una Rai che non c’è. Ma qui c’è un altro errore di traduzione. La Rai c’è, ma mentre sperimenta con cavalli zoppi programmi dei quali si poteva fare a meno, tant’è vero che verranno chiusi, i cavalli di razza che facevano ascolti stanno tutti da un’altra parte a fare ingrassare ascolti e casse altrui. Poi possono pur dire che è colpa nostra, ma questi sono fatti. Con tanti saluti al micro-share di qualità, scusate… micro-scier di cualita’.

 

 

(27 novembre 2023)

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