La “Prima tempesta” di Susana Chávez Castillo a cura di Concita De Gregorio

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di Andrea Mauri

La “Prima tempesta” (a cura di Concita De Gregorio, Edizioni Sur) raccoglie il flusso costante di poesia che Susana Chávez Castillo scriveva dappertutto, sui biglietti dell’autobus, fazzoletti, carta igienica, insomma su ogni oggetto a portata di mano. Una tempesta di versi per rivendicare il suo posto nel mondo come donna, attivista per la difesa dei diritti umani e lesbica, nella città più pericolosa al mondo, Ciudad Juárez, Messico.

Io sono l’imprevisto di Juárez, /sono ciò che la gente mai saprà, /sono la medusa che dorme/e non vuole mai tornare. Susana Chávez Castillo faticava a incasellarsi nel contesto violento, maschilista e di oppressione della sua città natale, un imprevisto che doveva essere eliminato, e questo lei stessa lo sapeva bene. La poeta fu trovata uccisa e mutilata il 6 gennaio 2011, vittima di femminicidio.

I suoi versi hanno il pregio di mostrare ciò che accade in Messico, una finestra sulla violenza quotidiana e sfibrante, e la sfida che tale stato di cose chiede ai suoi abitanti, nell’affanno continuo di cercare la via per sopravvivere e resistere. Tra la gente mi rifugio/per credere di essere felice/ma, a chi importa/dove vado? /Chi rimane dopo mille battaglie?

È una poesia scandita dal ritmo della città e della casa; sono versi che attingono alla musica onnipresente nei quartieri di Ciudad Juárez. Grazie al lavoro di Susana Chávez Castillo conosciamo la vita in una città di confine e dove ci sono confini si impara presto a riconoscere la precarietà delle esistenze e come crescere e combattere per non soccombere.

Versi che ci raccontano pure di relazioni lesbiche senza mezzi termini. Una donna/che mi cerchi all’alba/e alla fine ripeti sempre il mio nome/che non è altro che il nulla. Identità cancellate, rimosse dalla società maschilista, donne lesbiche che non hanno il diritto di occupare gli spazi di chi si è conformato alle regole e non ammette smagliature nel sistema. Tu vai e soffri/che tutto il resto è guadagno, /lascia da parte il macho/che la storia d’amore è la trappola/che ti farà cadere, resa, /e poi levare in armi.

La storia personale di Susana Chávez Castillo e la sua tragica fine sono diventate simbolo della lotta contro i femminicidi e fonte di ispirazione dei movimenti contro la violenza sulle donne. Anche se la sua poesia non è direttamente collegata alla denuncia di tale violenza. È piuttosto il racconto della strada, del quotidiano, dei conflitti comuni e universali di chi vive in contesti di profondo attrito sociale.

Le cinquantasette poesie contenute in questo libro rappresentano l’intero corpus poetico dell’autrice. Poesie che parlano di corpi, di destini, del suo corpo e del suo destino. Io che alcolizzata scrivo/cose che neanche io comprendo/chiedo alla mia stupida penna/perché cazzo non capisco/che la luna è lì fuori/e io me la sto perdendo. Versi disomogenei, buttati giù quasi per caso, lasciati al mondo perché l’umanità se ne possa nutrire casualmente. Il merito di “Prima Tempesta” è dunque quello di aver organizzato il lavoro di Susana Chávez Castillo e di averne restituito la dignità. Ne emerge il vero volto di una donna e di una città che non vogliono nascondersi, ma mostrarsi al mondo anche con le ferite che ne segnano il destino. E se non mi guardi, /sbiadirò come un’ombra nella caligine/e annegherò per sempre in cristallo d’ambra/trovando il tuo ricordo sul fondo.

 

 

(3 gennaio 2025)

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