di E. T. twitter@iiiiiTiiiii
L’interessante spazio Teatroinscatola di Roma presenta fino al 16 marzo, lo spettacolo prodotto da Teatri di Vita “Biglietti da Camere Separate”, per la regia di Andrea Adriatico, con Matteo Prosperi e Davis Tagliaferro, dedicato all’ultimo romanzo di Pier Vittorio Tondelli, per l’appunto “Camere Separate”.
Lo spazio è diviso in due sezioni, due camere per l’appunto, dove i due attori armati di microfono con asta, come lottatori della comunicazione, ci intrattengono. Entriamo a spettacolo iniziato (si entra sempre a spettacolo iniziato, ormai… Non è più una novità dal 1980…) accompagnati da “Emilia Paranoica” dei CCCP, poi comincia il racconto. Che non è nient’altro che la recitazione a memoria del romanzo di Tondelli, che chi scrive conosce praticamente a memoria, mentre poco prima, all’entrata, ci è stato consegnato un foglietto con un biglietto tondelliano (ricorderete il famoso “Biglietti agli amici”, nato prima come omaggio numerato per pochissimi poi ristampato da Bompiano subito dopo la morte dell’autore. Il mio per la cronaca è il biglietto n°4, quello di un frammento di un testo di Joe Jackson).
Lo spettacolo scorre: la storia di Leo e Thomas, del loro amore, della morte di Thomas, della disperazione di Leo per la morte di Thomas e per la sua stessa permanenza in vita, l’incapacità di vivere un amore per il gusto di vivere l’amore, una certa omofobia interiorizzata di cui Tondelli era vittima, ma che nel 1989 nessuno aveva nemmeno il coraggio di nominare, i numerosi frammenti di parole che si accavallano, troppe, troppo numerose e dette troppo in fretta, e poi i due attori che si tolgono la camicia proprio quando me l’aspetto e si denudano esattamente quando sento che si denuderanno (non è colpa mia, conosco il testo a memoria), alcune trovate di regia interessanti, la separazione in due camere (separate appunto) con due lenzuola e tre federe (una di Leo, una di Thomas l’altra della ragazza di Thomas) poi la morte di quest’ultimo e il solitario monologo di Leo, di Pier Vittorio, dell’attore, di tutti coloro che sono soli.
Poi l’addio finale, pronunciato con una freddezza devastante di cui il romanzo nemmeno lontanamente è portatore.
Le osservazioni sullo spettacolo, che sarebbero numerose, non le faremo in questa sede, sottolineando soltanto che da parte degli attori sarebbero state necessarie una maggiore cura nella locuzione e attenzione al ritmo della recitazione, perché trattandosi della “ripetizione” di un testo letterario le sporcature vanno ad inficiare direttamente il lavoro dell’autore, prima che il loro.
Il lavoro di Andrea Adriatico, che come qualsiasi lavoro può piacere o no, ha cil pregio di essere sempre sorretto da un progetto e di non apparire mai come una meteora impazzita in un universo desolato come succede invece per molti altri lavori che troppo spesso si vedono nei teatri di questo paese, in più il lavoro di recupero del romanzo di Pier Vittorio Tondelli – romanzo di cristallina scrittura – è un’operazione culturale notevole che dovrebbe essere visitata soprattutto da coloro i quali di Tondelli non sanno nulla.
O sanno troppo poco di tutto.
Approfondiremo il discorso anche con il regista con un’intervista ed un interessante approfondimento tondelliano che pubblicheremo sul primo numero del nostro nuovo mensile online, il prossimo Aprile.
Nel frattempo lo spettacolo vi aspetta fino al 16 marzo, vale la pena assistervi.
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