di E.T. twitter@iiiiiTiiiii
Arriviamo al Teatro Argentina trafelati, non è nostra abitudine, ma ci sono giornate che ti prendono a sberle, pensando di essere in terribile ritardo, ritiriamo il nostro accredito stampa e ci dirigiamo in sala. Abbiamo bisogno di aiuto, la nostra cattiva vista ci impedisce di leggere gli illeggibili numeri sulle poltroncine della platea (scopriamo dopo avere chiesto aiuto che hanno lo stesso problema anche coloro che problemi di vista, theorically, non dovrebbero averne).
Nella fila immediatamente successiva alla nostra un giornalista dai capelli unti e dall’odore sgradevole come le parole che lancia velenoso ad una ragazza che gli chiede conto con gentilezza del numero del posto a sedere, considerando che lei è in possesso di un biglietto che si riferisce proprio a quella poltroncina lì, pontifica sul nulla. Perché di nulla è fatto. Come la vuota conversazione di una ex ballerina alle nostre spalle che si vanta del suo passato per far colpo su un ometto dal grevissimo accento popolano che si vanta del suo narcisisimo, grazie al quale – dice, essendo ahi lui sì vicino ad una muta verità -potrebbe fare l’attore. Annamo bbene.
Se vi siete annoiati a leggere queste note, immaginatevi noi a stare ad aspettare per 40 minuti (quaranta!) l’inizio dello spettacolo, che inizia con quaranta – per l’appunto – minuti di ritardo. Ed è una vergogna.
L’inizio di “Io mai niente con nessuno avevo fatto” è travolgente; Vuccirìa Teatro brilla prima di tutto per la qualità dei suoi attori capaci di salvare qualsiasi situazione, preparatissimi, con grinta e forza da vendere. “Io mai niente con nessuno avevo fatto” è lo spettacolo perfetto.
Giovanni il protagonista, limpido e puro come tanti adolescenti sono, che spera nell’amore e lo trova -a non come lo immaginava, circondato dagli avvertimenti della cugina Rosaria e dall’impudicizia morale e dall’omofobia feroce del suo amante, omosessuale represso che odia se stesso e la cui violenza si manifesterà quando – dopo avere infettato Giovanni con l’HIV – lo allontanerà come si fa con gli appestati. Cosa assai complicata da fare quando di coloro che chiami appestati, fai parte anche tu.
“Io mai niente con nessuno avevo fatto”, è intensissimo e gli ultimi dieci minuti torcono le budella e le emozioni, di fatto sembra durare molto di più dei suoi 60′: Joele Anastasi è perfetto nel ruolo, gioioso, giocoso, divertente, leggero, anche nei momenti più terribili (… “Mi dicono che ho l’AIDS ed io non sapevo di cosa stessero parlando!” è il momento indimenticabile del bellissimo testo), Federica Carruba Toscano è una perfetta Rosaria, così come è bravissimo Enrico Sortino (che ieri sera ci è parso un po’ sotto tono) nel ruolo di Giuseppe.
Intelligente la scelta di dividere gli attori sulla scena e farli splendere di un piazzato che li separa dagli altri, con luci e buio ad alternarsi su ognuno di loro durante i monologhi che costituiscono il testo, a raccontare le storie ed i drammi di ognuno.
C’è vita e verità in “Io mai niente con nessuno avevo fatto”, non stupisce che abbia fatto incetta di premi (Roma Fringe Festival 2013, Stazioni di Emergenza 2013, International Fringe Festival di San Diego 2014), ci sono quella vita e quella verità che piacciono poco all’establishment del teatricchio di casa nostra, perché funziona e richiama applausi, e gli applausi altrui scatenano l’invidia altrui. Così che, all’interno di questa osservazione, collochiamo il commento di un uomo abbondantemente in là con gli anni, abiti firmati, occhiali con brillantini e vistosi anelli d’oro e gemme alle dita, che con svolazzi commentava nel foyer “Basta con questa omosessualità gridata!” accompagnato da tre amiche – donne – che annuivano come oche, ignoranti del fatto che tra l’omosessualità gridata e quella volgare ed omofoba la cui rappresentazione il loro compagno di facezie offriva, è di gran lunga preferibile la prima.
“Io mai niente con nessuno avevo fatto”, è – secondo noi – lo “spettacolo perfetto” e per questo, irripetibile.
Il seguente “Battuage” che delle stesse suggestioni pretende di vivere è infatti assai meno efficace e vive di troppi “prestiti” sia drammaturgici che registici, “regalati” propria da questa prima, magnifica produzione di Vucciría Teatro.
Crediamo che Joele Anastasi sia una delle più belle realtà del teatro di questi tempi: temiamo – per la creatività del gruppo – i grandi successi che stanno ottenendo, perché li vorremmo vedere sul palco sempre ai livelli di “Io mai niente con nessuno avevo fatto”, spettacolo magnifico per il quale non li ringrazieremo mai abbastanza.
Lunghissimi applausi per tutti e tre i protagonisti, ed ovazione meritata per Joele Anastasi, che speriamo di abbracciare presto.
Era l’8 settembre ed eravamo al Teatro Argentina in Roma. Pare che lo spettacolo fosse all’interno di un rassegna il nome del cui organizzatore viene prima di quello delle compagnie. Ma non ne siamo sicuri.
(9 settembre 2014)
©gaiaitalia.com 2014 diritti riservati riproduzione vietata