“Sullo stress del piccione”, uno spettacolo da vedere (e rivedere)

Altra Cultura

Condividi

sullo stress foto di scena 3di Alessandro Paesano twitter@ale_paesano

Crediamo che il teatro debba porre il suo pubblico dinanzi la realtà che lo circonda per analizzarla, criticarla, ma, anche, per registrarla e mostrarla così com’è.

E’ quello che fa Giovanni Anzaldo (Premio Ubu migliore attore under 30 nel 2010 e Golden Graal come migliore attore drammatico per lo spettacolo Roman e il suo cucciolo) con Sullo stress del piccione del quale, oltre a essere uno degli interpreti, firma testo e regia.

Il lavoro sorprende prima di tutto per la qualità della scrittura drammaturgica che sa dosare sapientemente i dialoghi tra i e le quasi trentenni Alessio, Stefano, Laura e Simona, e i loro monologhi diretti al pubblico nei quali approfondiscono situazioni e portato emotivo di quanto capita loro in scena. Alessio ha un approccio sbagliato con le ragazze mentre Stefano, che sceglie la via facile del sesso a pagamento, è innamorato più della cocaina che delle donne. Simona cerca di sedurre Laura, una delle avventrici del suo bar, somministrandole un cocktail dopato mentre Laura, grazie a Simona, capisce che forse le donne le sono sempre piaciute, ma finisce per intessere una storia con Stefano che cerca di redimersi giocando a fare il fidanzato con lei.

sullo stress foto di scena 9Senza lasciarsi distrarre da alcuna tentazione verghiana né da una facile spiegazione sociologista Anzaldo riesce a sottolineare solitudini e contraddizioni dei suoi personaggi senza farne delle vittime da compatire o degli eroi al negativo.

L’urgenza che lo porta a scrivere è quella di raccontare la storie di quattro personaggi che tratteggia così bene da far assumere loro la statura di persone. Merito anche di Luca Avagliano (un Alessio tenero anche quando fa rivoltanti commenti maschilisti), Francesca Mària (che sa tenere testa ai ragazzi con una confidenza invidiabile) e Giulia Rupi (il monologo nel quale racconta il suo terrore nel dare esami all’università è uno di quei momenti di teatro che ci porteremo nel cuore per sempre) che li interpretano assieme a lui e che Anzaldo dirige con sensibilità e rispetto senza ritagliare per sé nessuna attenzione particolare.

I personaggi di Anzaldo sono mossi da un universo interiore che, senza mostrarsi mai per intero, traspare obliquo, a tratti – dal maschilismo di Stefano (che gli fa dire del dottore che non sa curargli l’impotenza se non con dei consigli su una vita più salubre, mi ti inculo finché non mi viene duro) a quello tenero ma altrettanto irricevibile di Alessio – senza alcuno stereotipo di genere – la violenza interrelazionale riguarda Stefano quanto Simona, mentre alla vulnerabilità di Laura fa da contraltare quella di Alessio -, dando credibilità a dei caratteri che si smarcano dai tipi e acquistano un respiro e uno spessore squisitamente umani.

Nessuna tentazione generazionale  guida la mano dello scrittore Anzaldo quanto la sicurezza di chi ha qualcosa da dire e la sa dire con onestà. Si ride nello spettacolo, anche, grazie alle verve dei suoi interpreti e delle battute felicissime disseminate nel testo senza che un registro prevalga sugli altri grazie a una scrittura che sa mantenere vivo il ritmo della frase, la scansione scenica, mantenendo vigile l’attenzione dello spettatore (sono da rivedere le velocità di alcuni dei continui sipari costruiti sulla dissolvenza delle luci che si sentono un po’ troppo, nulla che non si possa aggiustare in corso d’opera, la replica di ieri sera era la prima assoluta). Un ritmo sostenuto anche da una partitura sonora che, oltre alle musiche, dà spessore alla messinscena grazie ai rumori che non sono mai esornativi ma sempre essenziali alla scena in un confronto continuo tra personaggio e situazione, tra azione ed emozione, dimostrando come a teatro si possa seguire un registro realista senza sfociare necessariamente nella fiction televisiva. Ogni caratterizzazione sonora, infatti, oltre a servire alla ricostruzione di un ambiente o di una circostanza, serve sempre a indicare un sottotesto (l’impotenza di Stefano causata dalla coca ma tropo lucido della sua condizione esistenziale), a sottolineare con ironia o con sommessa emozione lo stato d’animo di un personaggio, il vissuto emotivo di un altro, senza mai illudere il pubblico di stare assistendo a un fatto che accade spontaneo e suo malgrado ma  ricordandogli sempre che nel racconto cui è chiamato ad assistere ha un diretto compito esegetico di lettura critica e mai quello di mero consumatore.

sullo stress foto di scena 6Sullo stress del piccione ha tutta la caratura del testo riuscito, dello spettacolo completo, magnificamente concepito, elegantemente allestito, interpretato con cura e intelligenza, che se chiama un pubblico ad assistervi non lo fa per sterile narcisismo ma perché ha qualcosa da dire e da mostrare.

Potete vederlo al teatro Argot fino Domenica 21. Uno spettacolo da non mancare, da sostenere, che merita davvero di fare il tutto esaurito ogni sera.

Perché se è facile lamentarsi di uno spettacolo non riuscito è altrettanto facile sostenere quelli riusciti, basta andarli a vedere e mandarli a vedere.

E se non vedete Sullo stress del piccione commettete un errore imperdonabile.

Che non si dica che non ve lo abbiamo detto.

 

Sycamore T Company
Presenta
Sullo stress del piccione
Testo e regia di Giovanni Anzaldo
Con Giovanni Anzaldo, Luca Avagliano, Francesca Mària, Giulia Rupi
Musiche originali Tommaso Andreini
Scenografie Giovanni Rupi
Luci di Martin Emanuel Palma
Foto di scena Barbara Ledda

 

Teatro Argot Studio
Via Natale del Grande 27 Roma
Dal 16 al 21 settembre 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(17 settembre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©alessandro paesano 2014
©gaiaitalia.com 2014
diritti riservati
riproduzione vietata

 

 

 

 

Pubblicità