Festival del film di Roma, “Ghadi” o della retorica antiabortista

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ghadi-1-728x513di Alessandro Paesano  Twitter@Ale-Paesano

Commedia di grana grossa Gadhi (Libano, Qatar, 2014) di Amin Dora racconta in maniera stereotipata e classista di un bambino down che viene spacciato dal padre come Angelo per impedire al vicinato di ostracizzarlo e costringerlo a rinchiudere in un istituto. Nel racconto vengono confermati tutti gli stereotipi possibili da quelli sessisti sulle donne pettegole e cattive perché zitelle, o prostitute per vocazione (non per costrizione da parte dei maschi) a quelli omofobi sugli uomini gay effeminati (e parrucchieri). Il bambino handicappato che strilla tutto il tempo alla finestra come un ossesso senza che nessuno gli dica di non farlo,   guadagnato lo statuto di angelo, lo mantiene anche quando il padre dice la verità, indotto dal prete del quartiere, che si sa son custodi della verità, perché ormai la fama del ragazzino-angelo è più grande di loro.

Una sagra imbarazzante di luoghi comuni con il preciso intento di affermare che la vita va salvata a ogni costo (Mozart aveva un rene solo fosse nato oggi non avrebbe mai visto la luce spiega il maestro di pianoforte al protagonista) come se l’aborto terapeutico servisse a non dare alla luce prole down e non,  purtroppo a patologie terribili come l’assenza di cuore, o di cervello  di polmoni. Certi film sarebbe meglio non vedessero proprio la luce.

 

 

 

 

 

 

(23 ottobre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©alessandro paesano 2014
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